mercoledì 9 dicembre 2009

.Lettera a Qualcuno.

Caro Qualcuno,
gli anni passano e l'unico modo decente che io conosco per comunicare con le persone che amo restano sempre le parole scritte. Verba volant eccetera. Ma soprattutto io a parole parlate mi esprimo male, non solo in maniera sgrammaticata, ma proprio male perchè parlo a ruota libera e senza pensare e non ho il tempo di fermarmi per rileggermi ed eventualmente correggermi. Così quando parlo finisce che non riesco mai a dire tutto quello che penso e che sento o lo dico male o poi alla fine evito di dirlo perchè mi sento ridicola/inadatta/dislessica/idiota. Allora scrivo. In maniera prolissa, devo ammetterlo, ma efficace. Almeno credo.
E' che poi io e te ci si vede dopo secoli e allora ci si chiede com'è che si invecchia a distanza e perchè mi fa spece specchiare le mie rughe nuove nel tuo vecchio cuore e viceversa. E allora mi ricordo di quando eravamo bambini e giocavamo a guardie e ladri e se non capitavamo nella stessa squadra uno dei due si faceva male di proposito, perchè era l'unico modo per saltare il turno e non giocare. Che poi noi volevamo sempre fare i ladri che le divise non ci son mai piaciute. E infatti nemmeno volevamo stare divisi.
E poi non lo so cosa mi prende oggi, ma è un periodo strano. E' uno di quei giorni che mi sveglio e non ho fame e non mangio per tutta la giornata e sento la fiacchezza nelle gambe e vorrei lasciarmi svenire in un angolo, ma con piacere. Uno di quei giorni in cui vorrei bere caffelatte e mangiare pane posso, come quando facevo colazione a casa dei miei nonni da bambina. Oppure saltare dal punto più alto del fienile sull'erba secca e ritrovarmi le spighe che pungono anche nelle mutande. O sentire la legna che scoppietta nella stufa economica. O avere un fazzoletto in testa e le dita viola di succo e di sangue per aver raccolto troppe more nel roveto. O sentire la voce di mio nonno che mi intima di smetterla di saltare sui sassi viscidi del torrente perchè rischio di farmi male. E andare a tuffarci alla cascata in quella che per noi era una piscina e anche una vasca da bagno. E vorrei ancora cercarti per ore anche se so benissimo che ti sei nascosto al pozzo delle volpi. E vorrei ancora arrampicarmi sul melo e sparire per un po' tra le foglie verde smeraldo e il sole che filtra fra i rami fitti. E fare le ombre cinesi sui panni stesi al sole in terrazzo e restare accecati dal sole che si riflette sulle lenzuola bianche. E costruirci delle canne da pesca con i rami secchi e un po' di spago, illudendoci che sia sufficiente una foglia per acchiappare qualche trota. E andare a raccogliere le castagne e le nocciole senza perderci nel bosco, che è casa. E trovare le prime primule e portare tutti quelli che conosciamo a vederle perchè così si sa che è già primavera. E scappare di corsa dalle stalle quando una vacca muggiva troppo forte o un asino scalciava. E nasconderci al lavatoio per vedere la vecchia matta che tira il collo alle galline e poi dire "Ooh, oddio che schifo, che male, che brutta fine!". E annoiarci a morte quando ci toccava sistemare l'orto e strappare le erbacce. E divertirci da matti quando dovevamo trovare le uova. E guardare i conigli nati a primavera e mettere un dito nella gabbia per toccarli e farsi mordere e poi dire che ci siam chiusi le dita nella porta perchè altrimenti ci sgridano. E raccogliere crocus e margherite e papaveri e ranuncoli, ma evitare il tarassaco perchè "è il fiore del diavolo". E farci venire il mal di pancia a furia di succhiare nettare dall'erba cucca. E schiacciare le foglie secche e restare a bocca aperta sotto la pioggia o la neve, però evitare le pozzanghere perchè che schifo. E far saltare i sassi sull'acqua calma del laghetto, che tanto io sono più brava di te. E prendere le lucertole sui muretti di sasso seccati dal sole e se andava male restare a guardare la coda che si contorceva. E se tu hai perso un guanto puoi mettermi una mano in tasca, però aspetta che sposto le caramelle dall'altra parte. E sbucciarci le ginocchia rotolando giù dalla riva erbosa del prato. E dormire sull'amaca, io di qua e tu di là. E tirarci le palle di neve, ma non ghiacciate che quelle fanno male. E fare a gara a chi piscia più lontano, anche se tu hai cinque centimetri di vantaggio perchè hai il pisello e io no, però io piscio in piedi come i maschi lo stesso. E tu che fai a pugni per difendermi da un cretino. E io che tiro le trecce a una cretina che ti prende in giro. E tutti e due che finiamo in castigo dietro la lavagna, ma siamo felici lo stesso perchè siamo insieme. E fare il corridoio in scivolata sulle ginocchia quando nessuno ci vede. E dividerci pane burro e marmellata perchè tanto tu ti dimentichi sempre la merenda da qualche parte. E tu che mi dai mezzo tubo di caramelle morbide alla frutta la volta dopo, per ricambiare. E se tu mi abbracci io un po' mi vergogno però tanto qui nell'erba alta non ci vede nessuno allora possiamo anche starcene qui così per un po'. E poi secondo me quella nuvola lì sembra proprio un coniglio, altro che elefante. E non farmi il solletico altrimenti me la faccio addosso. E se stai fermo le api non ti pungono, ma sti cazzi che mi allontano lo stesso. E correre fino a restare senza fiato e bere l'acqua alla sorgente. E oddiooddio, quello è un cervo vero altro che Bambi, non far rumore.
E poi io che me ne vado, noi che si cresce, tu che mi racconti e io anche. Noi che ci si perde e poi ci si ritrova. Tu che parti e io che resto. Tu che torni e io che sto bene. Tu che riparti e io che sono felice per te. Tu che torni e a me piace. Tu che mi ami e io che no. Tu che riparti e io che non so. Tu che torni e forse adesso parto io, ma da un'altra parte.
Insomma, cose così. Le costanti siamo tu e io, sono solo le circostanze che cambiano, ma tanto quelle cambiano sempre e lo sappiamo. Però io e te siamo costanti, questo è già qualcosa, meglio di niente. Anzi, direi che è molto. Ma lo dico solo io e io voglio cose diverse da quelle che vuoi tu, mica come quando ci litigavamo gli smarties rossi. Per cui ora, per favore, davvero, finiamola. Alla fine di tutti i discorsi fatti, io continuerò a tornare a te e tu a me, solo perchè ci viene naturale. Ed è bello anche così, pure se non ha un senso comune. Perchè alla fine un senso ce l'ha.
Mi sa che ho finito.




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