venerdì 24 luglio 2009

.Faccio un lavoro di merda.

Da quando ho congelato la ditta, ho dovuto trovare una soluzione alternativa. Va bene, questa non è una novità. Il fatto nuovo è che da qualche mese lavoro nelle cucine di una casa di riposo per anziane che si trova all'interno di un convento di suore capuccine.
Cioè, non solo lavoro con delle cape di pezza, il che già di per sè è davvero poco edificante, ma pure in mezzo alle vecchie. Che poi non è per le vecchie in quanto tali, ma per quello cui sono costretta ad assistere ogni giorno andando avanti e indietro per i reparti. Che poi non ci passo le giornate e per fortuna non è compito mio! Ma quel poco tempo che impiego ad attraversare saettando le stanze delle moribonde è sufficiente a mettermi in subbuglio: urla, grida di angoscia e di dolore, gente che non sa più dov'è e come si chiama, persone che invocano la morte o che aspettano i parenti anche quando ormai è chiaro a tutti che non verrà più nessuno. Tutto ciò mi sconvolge, mi spaventa, mi fa male e mi fa venire voglia di morire giovane e sana, cazzo!
E, per ritrovarmi in questa meravigliosa condizione, tutti i giorni mi sparo un'ora all'andata e un'ora al ritono di macchina e con quello che guadagno non solo non vado da nessuna parte e non arrivo a fine mese, ma scendo sempre più in basso.
E per di più oggi pioveva a dirotto quando sono uscita e ovviamente ero senza ombrello e ovviamente la mia camicia era bianca e particolarmente leggera, dato che quando sono entrata c'erano 40°C all'ombra e un sole che spaccava il culo ai passeri!
Ho fatto trenta metri, dico trenta, sotto il nubifragio e sono arrivata alla macchina completamente fradicia. Che poi non è per l'acqua in sè: mi piace moltissimo camminare sotto la pioggia battente, da sempre. Non so perchè, ma mi mette allegria e mi fa venire voglia di ridere, mi fa il solletico all'anima. Comunque, dicevo: non era tanto per le pecorine nel cielo o per il fiume Hudson senza Manhattan intorno che aveva momentaneamente invaso la strada (è risaputo che i SuperMaggioli non sono galleggiano, ma nuotano pure), ma per gli ettolitri che invadevano il parabrezza del mio povero Oreste impedendomi completamente la visuale. Oggi davvero temevo di non potere più tornare a casa, mi stavo già rassegnando a morire in macchina nel parcheggio del convento, sommersa... però giovane e sana!
Già immaginavo gli articoli sui quotidiani di domani:

Giovane e promettente lavapiatti muore annegata nel diluvio mentre tenta di tornare a casa al termine di una lunga e tormentata giornata di lavoro. I ben informati affermano che persino Noè, passandole accanto con l'arca, le abbia negato asilo sottolineando la presa di posizione con un "Così t'impari a jastemmare a Ggesù, alla Maronna e al Pataterno! Puà!" e che lo Spirito Santo stesso ci abbia messo del suo, inviando la colomba a cacare sul lunotto posteriore...

E mi sono detta che il mio lavoro mi mancava troppo, che forse davvero dovrei traslocare a Varese o a Milano come dice qualche mio caro amico, che forse dovrei rintentare qualche colloquio nelle case editrici, nelle agenzie di pubblicità, bussare alle sedi dei quotidiani, fare ore e ore e ore di anticamera, presentare curriculum, chiedere ai miei vecchi contatti se ancora si ricordano di me... e mi è quasi venuto da piangere per la nostalgia.
Allora ho accostato e sono scesa dalla macchina, tanto ero già bagnata fradicia: la pioggia scendeva a raffiche violente, spinta da forti folate di vento che rendevano le gocce fredde e rigide, simili a tanti spilli ghiacciati. Ho chiuso gli occhi, allargato le braccia e sono rimasta lì a farmi colpire dal clima intemperante finchè qualcosa si è spento. Tutti i pensieri, le emozioni, le ansie, i dubbi, i ricordi e le domande, tutto quello che mi affollava si è scolorito e dissolto, come se fosse stato di carta, sotto l'effetto terapeutico della pioggia. E mi sono dimenticata di tutto: come mi chiamavo, dov'ero, cosa stavo facendo, chi stavo aspettando e perchè, e ho cominciato a ridere, ridere senza controllo, per un tempo infinito, perchè le risate sono tutte eterne, con l'acqua che mi colava giù dappertutto e che mi inzuppava i vestiti e le scarpe e mi riempiva la bocca e mi impediva di aprire gli occhi e...
- Tutto bene signorina?
Mi blocco e mi sposto i capelli fradici dalla faccia: accanto a me, un omino gentile, il fiorista di fronte al quale mi sono fermata senza nemmeno accorgermi, mi copre col suo ombrello e mi osserva tra il perplesso e il preoccupato dopo aver chiuso la sua attività. Gli sorrido.
- Sì.
Sorride anche lui, sembra quasi rasserenato. Mi porge dei tulipani bianchi "che tanto domani saranno sfioriti, se li vuole lei..." . Sì, li voglio: me li godrò per stasera, che mi importa di domani?
Salgo in macchina e torno verso casa. Penso che la vita della bohemienne non sia facile, ma sia bella e penso anche che aveva ragione Oscar Wilde: "I piaceri semplici sono l'ultimo rifugio della gente complicata".

http://www.centrointernazionaleartefotografica.org/gal.luca.ravagnan/images/Pioggia%20battente.JPG

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