martedì 29 dicembre 2009

.Ecco.

E speriamo che sia un 2010
pieno di ammore per tutti, che ce n'è tanto bisogno.



Superpeace, yeeeeah!

sabato 19 dicembre 2009

.Il medio è la risposta.

Caro Babbeo Natale, io ti odio.
Ti odio seriamente e intensamente e immotivatamente, tanto quanto amo quello stronzo che tu sai. Però fa niente.
Ti pregherei quest'anno di portarmi nulla, come al solito (anche perchè tu più che altro porti male), se non le sue labbra su un piatto d'argento. E non fare come il cacciatore ricchione di Biancaneve, che se è selvaggina io me ne accorgo subbito.
L'inverno sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va?
Stai tranquillo: per l'anno nuovo ho interi gomitoli di buoni propositi. Cardati a mano, mica pizza e fichi. Ieri mi sono fatta prestare due uncinetti e i ferri da maglia, quelli grossi che faccio prima, e ho detto a mia madre:
- Stai serena.
Non ci ha creduto. Ha fatto bene.
- Valentina, lei dovrebbe mettere la testa a posto, ormai ha ventitre anni è ora che inizi a pensare concretamente al futuro senza tutti questi voli pindarici, insomma, con serietà. Costruirsi un futuro, tornare a studiare, farsi una posizione. Smettere di tentare la fuga, in generale.
"Smetti di andare nella direzione opposta e comincia a correre verso ciò che desideri veramente: tu vedi la luce e, come l'ombra, istintivamente t'allontani".
Wrong way. Come su Colin Mcrae, quando giocavo anni e anni fa, ho una scritta rossa lampeggiante di fronte. Jump ahead! Ennesimo salto nel buio.
Studiare, farsi una posizione, un futuro... ah-ah-ah! Tanto la posizione, laureati sì o laureati no, sempre quella è: prona. Prestatemi i vostri vecchi libri del liceo e studierò e avrò una cultura, ma senza pagare privatamente qualche stronzo che me l'insegni. Imparo da me, che è l'unico modo che conosco per imparare quacchecosa su carta.
Caro Babbeo e tutta la mia voglia di partire? Tutta la mia voglia di fuga in Oceania eccetera? C'è ancora. C'è tanto, tantissimo, issimo. Anche se sono cresciuta ascoltando Battisti e mi ripetevo fino alla nausea "di non sognare la Nuovissima Zelanda". Il mio amico là dice che non trovano lavoro e sono un po' alle strette: non mi sparo millemila chilometri per ritrovarmi in una situazione di merda bis. Dice che poi, dopo Natale, con l'anno nuovo, magari si spostano a sud e vedono cosa riescono a fare. Per ora è più prudente che io resti qui, ovviamente. Ok.
Come inganno il tempo nell'attesa? Potrei accettare i ripetuti inviti ad uscire col giardiniere skin, tanto per fare qualcosa? Il numero ce l'ho, non l'ho chiamato nè incoraggiato, ma continua a sorridermi anche con le orecchie. Cosa non si fa per solitudine, per raccattare un po' di contatto umano e non sentirsi totalmente isolati dal resto del mondo? Eppure non lo farò: piegarmi mi fa ribrezzo, è una debolezza peggiore dell'apatia e dell'indolenza, cui ormai sono abituata. Frangar non flectar. Sì, me lo tatuerò.
Cos'altro vuoi, caro Babbeo Natale? Guardo la mia nipotina crescere e mi dico che un giorno vorrò essere la zia numero uno, pur'anche se non siamo parenti. Vorrei che lei mi ammirasse più di ogni altra persona di non famiglia al mondo. Soprattutto, caro Babbeo, vorrei diventare una donna per cui un giorno qualunque, una mattina futura X, guardandomi allo specchio appena sveglia con le caccole negli occhi e l'alito da fogna, proverò rispetto. Una persona soddisfatta. Sono ancora una malinconica con l'aspirazione di diventare una donna felice.
Le persone che conosco sognano l'amore, anzi, l'Amore. Io no, ma mi sa che quello è perchè io amo a prescindere, in maniera stupida e struggente, tipo carta vetrata e miele.
- Io ti amo.
- Ma io no.
- Vabbè, fa niente, io ti amo lo stesso.
- Sì, ma io ti tratto male e non ti caco e non c'è speranza.
- E che differenza fa? Io ti amo per quello che sei, mica per quello che mi dai.
- Ma...
- Sì, lo so: sei ipocrita, stronzo, falso, paraculo e anche faccia di bronzo.
- Eh.
- La parte razionale di me lo sa. Ma la parte di me che ti ama è quella irrazionale, che vuoi fa?
- Sì, ma...
- Eh, niente ma. Io tutte le cose belle che vedevo in te, continuo a vederle perchè quelle ci sono al di là di quello che vivo io, quindi non c'è niente da fare. Io amo quelle cose lì, quelle cose che non dipendono nè da me nè da te, che sei fatto così. Quelle cose lì sono immutabili, e' capì?
- Quindi?
- Quindi ti amo immutabilmente, pure se non ci si caca più e tu si strunz e non mi fido. Però comunque tu mi like.
Cose idiote così. Sono fedelissima hai sentimenti inutili, io.
E cosa dire, allora? Cosa fare? Vabbè: mi informo, che sono ancora in tempo con l'età, sui finanziamenti a fondo perduto e mi apro una gelateria, poi se faccio i soldi a settembre parto e torno a maggio. Oppure apro una caffetteria con annessa libreria e mi sistemo per la vita e non parto più. Oppure apro un negozio di vestiti in società con un'amica e ogni tanto mollo tutto e me ne vado ma poi torno. Oppure mi dedico al ramo delle pompe funebri, che la gente continuerà a morire, come a mangiare e a vestirsi, che poi a me le facce tristi vengono benissimo. O magari mi apro una fattoria: mi compro una mucca, un ciuccio, tre galline, un cavallo e via. O magari potrei finalmente prendere lezioni di pianoforte/violoncello/pittura (che affiniamo la tecnica) e vivere d'arte, ahahah. Potrei diventare, chessò, un'arredatrice di tinelli, una spazzolatrice di canarini, dedicarmi al lavaggio delle pensiline del tram.
Gomitoli, interi gomitoli, come vedi. Voglia di fare ce n'è, il punto è COSA.
- Il problema è che io vorrei fare tutto, per sempre: la vita è troppo breve per essere vissuta.
- Be', magari si può fare tutto, ma non per sempre.
Questa cosa continua a girarmi in testa. La verità è che sono incapace di risolvermi, di scegliere. Come si fa a decidersi, a fare una cosa sola per tutta la vita? Io non ce la faccio, lo trovo annichilente, ho necessità di cambiamento perenne: l'immobilità mi uccide. Capossela dice che di quantità ce n'è da perdere la testa. Ed è vero. All'atto pratico, non ho i mezzi per fare niente, ma se li avessi? Se ne avessi la possibilità, cosa farei davvero? Se domani mi ritrovassi, diciamo, con in tasca 30.000,00 euri in gettoni d'oro, come li investirei? Che ne farei? Come fanno le persone a saper rinunciare?
- Ah, io comprerei la macchina nuova.
- Io li investirei per la casa.
- Io ci andrei in vacanza.
- Io li metto in banca al sicuro.
E allora sarebbe questo? E' questo? La casa, la macchina, le vacanze? Nessuno ha voglia di qualcosa di più?
- Valentì, ci sono cose che non puoi capire, ma questo è normale perchè tu sei così piena di vita che certe cose non le riesci proprio a concepire.
E allora, caro Babbeo Natale, se proprio devi venire a rompermi il cazzo anche quest'anno, fa una cosa buona: portami via un po' di vita. Suicidami un po', affettami un rene, prenditi la milza, uccidimi un polmone, va bene anche una lobotomia, un'epidurale al cervello. Donami la banalità, desideri comuni e avvilenti. Dammi del sesso da matrimonio che non ricorderò e un uomo che mi sorride infedele. Portami la voglia di sconquassarmi di parti l'utero, di inchiodarmi a quattro muri, che pagherò col sangue per il resto dei miei giorni, di prendere sempre la stessa casa in affitto al mare e non cambiare mai la station wagon. Consegnami allo spirito di abnegazione, cancella la mia voglia di fuga di fronte all'infelicità, dammi la certezza di una vita già vissuta e collaudata da migliaia di zombie prima di me, così che io possa illudermi e bearmi di una felicità che non esiste. Portami desideri che non voglio, desideri già espressi e realizzati, desideri senza fantasia nè volontà, desideri abitudinari.
Non voglio niente quest'anno, caro Babbeo Natale, proprio niente, come al solito. Solo un po' di ansia di vivere in meno.


mercoledì 9 dicembre 2009

.Lettera a Qualcuno.

Caro Qualcuno,
gli anni passano e l'unico modo decente che io conosco per comunicare con le persone che amo restano sempre le parole scritte. Verba volant eccetera. Ma soprattutto io a parole parlate mi esprimo male, non solo in maniera sgrammaticata, ma proprio male perchè parlo a ruota libera e senza pensare e non ho il tempo di fermarmi per rileggermi ed eventualmente correggermi. Così quando parlo finisce che non riesco mai a dire tutto quello che penso e che sento o lo dico male o poi alla fine evito di dirlo perchè mi sento ridicola/inadatta/dislessica/idiota. Allora scrivo. In maniera prolissa, devo ammetterlo, ma efficace. Almeno credo.
E' che poi io e te ci si vede dopo secoli e allora ci si chiede com'è che si invecchia a distanza e perchè mi fa spece specchiare le mie rughe nuove nel tuo vecchio cuore e viceversa. E allora mi ricordo di quando eravamo bambini e giocavamo a guardie e ladri e se non capitavamo nella stessa squadra uno dei due si faceva male di proposito, perchè era l'unico modo per saltare il turno e non giocare. Che poi noi volevamo sempre fare i ladri che le divise non ci son mai piaciute. E infatti nemmeno volevamo stare divisi.
E poi non lo so cosa mi prende oggi, ma è un periodo strano. E' uno di quei giorni che mi sveglio e non ho fame e non mangio per tutta la giornata e sento la fiacchezza nelle gambe e vorrei lasciarmi svenire in un angolo, ma con piacere. Uno di quei giorni in cui vorrei bere caffelatte e mangiare pane posso, come quando facevo colazione a casa dei miei nonni da bambina. Oppure saltare dal punto più alto del fienile sull'erba secca e ritrovarmi le spighe che pungono anche nelle mutande. O sentire la legna che scoppietta nella stufa economica. O avere un fazzoletto in testa e le dita viola di succo e di sangue per aver raccolto troppe more nel roveto. O sentire la voce di mio nonno che mi intima di smetterla di saltare sui sassi viscidi del torrente perchè rischio di farmi male. E andare a tuffarci alla cascata in quella che per noi era una piscina e anche una vasca da bagno. E vorrei ancora cercarti per ore anche se so benissimo che ti sei nascosto al pozzo delle volpi. E vorrei ancora arrampicarmi sul melo e sparire per un po' tra le foglie verde smeraldo e il sole che filtra fra i rami fitti. E fare le ombre cinesi sui panni stesi al sole in terrazzo e restare accecati dal sole che si riflette sulle lenzuola bianche. E costruirci delle canne da pesca con i rami secchi e un po' di spago, illudendoci che sia sufficiente una foglia per acchiappare qualche trota. E andare a raccogliere le castagne e le nocciole senza perderci nel bosco, che è casa. E trovare le prime primule e portare tutti quelli che conosciamo a vederle perchè così si sa che è già primavera. E scappare di corsa dalle stalle quando una vacca muggiva troppo forte o un asino scalciava. E nasconderci al lavatoio per vedere la vecchia matta che tira il collo alle galline e poi dire "Ooh, oddio che schifo, che male, che brutta fine!". E annoiarci a morte quando ci toccava sistemare l'orto e strappare le erbacce. E divertirci da matti quando dovevamo trovare le uova. E guardare i conigli nati a primavera e mettere un dito nella gabbia per toccarli e farsi mordere e poi dire che ci siam chiusi le dita nella porta perchè altrimenti ci sgridano. E raccogliere crocus e margherite e papaveri e ranuncoli, ma evitare il tarassaco perchè "è il fiore del diavolo". E farci venire il mal di pancia a furia di succhiare nettare dall'erba cucca. E schiacciare le foglie secche e restare a bocca aperta sotto la pioggia o la neve, però evitare le pozzanghere perchè che schifo. E far saltare i sassi sull'acqua calma del laghetto, che tanto io sono più brava di te. E prendere le lucertole sui muretti di sasso seccati dal sole e se andava male restare a guardare la coda che si contorceva. E se tu hai perso un guanto puoi mettermi una mano in tasca, però aspetta che sposto le caramelle dall'altra parte. E sbucciarci le ginocchia rotolando giù dalla riva erbosa del prato. E dormire sull'amaca, io di qua e tu di là. E tirarci le palle di neve, ma non ghiacciate che quelle fanno male. E fare a gara a chi piscia più lontano, anche se tu hai cinque centimetri di vantaggio perchè hai il pisello e io no, però io piscio in piedi come i maschi lo stesso. E tu che fai a pugni per difendermi da un cretino. E io che tiro le trecce a una cretina che ti prende in giro. E tutti e due che finiamo in castigo dietro la lavagna, ma siamo felici lo stesso perchè siamo insieme. E fare il corridoio in scivolata sulle ginocchia quando nessuno ci vede. E dividerci pane burro e marmellata perchè tanto tu ti dimentichi sempre la merenda da qualche parte. E tu che mi dai mezzo tubo di caramelle morbide alla frutta la volta dopo, per ricambiare. E se tu mi abbracci io un po' mi vergogno però tanto qui nell'erba alta non ci vede nessuno allora possiamo anche starcene qui così per un po'. E poi secondo me quella nuvola lì sembra proprio un coniglio, altro che elefante. E non farmi il solletico altrimenti me la faccio addosso. E se stai fermo le api non ti pungono, ma sti cazzi che mi allontano lo stesso. E correre fino a restare senza fiato e bere l'acqua alla sorgente. E oddiooddio, quello è un cervo vero altro che Bambi, non far rumore.
E poi io che me ne vado, noi che si cresce, tu che mi racconti e io anche. Noi che ci si perde e poi ci si ritrova. Tu che parti e io che resto. Tu che torni e io che sto bene. Tu che riparti e io che sono felice per te. Tu che torni e a me piace. Tu che mi ami e io che no. Tu che riparti e io che non so. Tu che torni e forse adesso parto io, ma da un'altra parte.
Insomma, cose così. Le costanti siamo tu e io, sono solo le circostanze che cambiano, ma tanto quelle cambiano sempre e lo sappiamo. Però io e te siamo costanti, questo è già qualcosa, meglio di niente. Anzi, direi che è molto. Ma lo dico solo io e io voglio cose diverse da quelle che vuoi tu, mica come quando ci litigavamo gli smarties rossi. Per cui ora, per favore, davvero, finiamola. Alla fine di tutti i discorsi fatti, io continuerò a tornare a te e tu a me, solo perchè ci viene naturale. Ed è bello anche così, pure se non ha un senso comune. Perchè alla fine un senso ce l'ha.
Mi sa che ho finito.




martedì 1 dicembre 2009

lunedì 30 novembre 2009

.VART 1.

.Vita mia, a noi due.

.Piove aridità.

Piove
E il fiume sotto casa
Fa la voce grossa
Mi richiama

Anche tu

Scorri potente in me
E precipiti
Nel vuoto incolmabile
Con la forza inerte
Di una cascata

Sei un’emozione rossa
Che mi travolge, sommerge

Ovunque, irradiante
E quasi esondi
Dai tanti piccoli affluenti
Che portano all’oceano inquieto del mio cuore

La chiamano Vita
Un’emozione scomoda
Che mi affoga

Che cos’ho in bocca?
Saliva
Alle labbra
Un mare di parole
E io
Che sapevo solo tacere dolente
Di fronte
A tanta

Aridità

martedì 10 novembre 2009

.Si faccia una domanda e si dia una risposta.

Mi chiedo se davvero dall'altra parte del mondo il cielo è più azzurro? O se dicono così soltanto perchè si vede più cielo? E mi chiedo che rumore fa la pioggia quando cade nel deserto? Se è come quando piove in riva al mare, ma senza confondersi col rumore delle onde? E dove finiscono tutte le foglie che cascano dagli alberi e se ne vanno come barchette sul fiume sotto casa? E quando il mio cane sogna, dov'è e cosa fa? E mi chiedo perchè scelgo sempre di mettermi un vestito che non ho stirato o che non ho mai avuto? E cosa me ne faccio di tutti quei piatti e bicchieri che non uso? E se tornassi a dormire per terra, nel mio sacco a pelo, forse mi passerebbe davvero il mal di schiena? E quanti pensieri ancora dovrà partorire la mia dannata cervicale? E' un danno essere nata sotto il segno dei ribelli? Porterà sfortuna quella congiunzione astrale con l'eterno no? Diventare clochard per essere felice? Potrei farlo, ma sarei in grado poi di restare amareggiatamente me stessa? E perchè mi rendo conto solo oggi che di tutte le cose utili che ho non me ne serve davvero nessuna? E sarà così poco sano voler vendere tutto ciò che resta di casa mia, lenzuola incluse? Sarà vero che una volta partita non avrò più voglia di tornare? O mi pentirò non appena la hostess mi offrirà qualcosa di chimico da bere? E perchè poi nelle fototessere dei documenti sembro sempre una contrabbandiera rumena? Sono meno femmina delle altre donne perchè parto solo con uno zaino anche se starò via un anno? Forse è grave che vivo senza french manicure e senza phon? Spesso anche senza luce e senza gas? Le mie priorità non somigliano a quelle di nessun altro perchè sono realmente fuori dal mondo? O è soltanto per il fatto che il mondo non è mai stato dentro di me? Mi piacerà avere come colonna sonora quotidiana soltanto il rumore dei miei passi? E riusciranno i miei occhi ad essere sempre pronti a catturare tutto ciò che ci sarà da vedere? Avrò allenato a sufficienza la mia memoria in questi anni? Quali cassetti dovrò svuotare per fare posto al nuovo privo di prezzi ed etichette? Sopravviverò all'emozione di scoprirmi viva e felicemente sola in mezzo al mondo? Scelgo male se mi rapo a zero prima di partire? E avrò il coraggio di godermi il meritato benessere della libertà? Imparerò finalmente a parlare inglese come si deve? E sarà migliore il sesso in terra straniera? Sono la pazza delirante che dicono tutti oppure ho solo più coraggio degli altri nell'esprimermi? O più incoscienza nel mostrarmi? Sarò davvero tanto esibizionista come dicono? O è la loro ipocrisia a definirmi tale? E come mai più rileggo la lista delle cose da portare con me meno cose voglio portare con me? O meglio perchè vorrei portare con me meno oggetti e più persone? E non verranno forse con me comunque? Che odore avranno i miei risvegli altrove? E quali sensazioni uditive registreranno le mie meningi? E camminerò tanto da accorciarmi e scomparire? Come e quando darò libero sfogo alle mie volute e non volute cerebrali? Diventerò finalmente una persona migliore? Avrò davvero qualcosa da raccontare al mio ritorno? Tornerò? Ma soprattutto perchè non ho paura?


giovedì 5 novembre 2009

.Questioni di papi.


Ma dopo il colore dei soldi ci toccherà il profumo dei gnocchi?



No, perchè giusto quello ci potremmo permettere ormai...

sabato 31 ottobre 2009

.Avanzo.

Un paio di anni fa, mi hanno chiesto quale fosse la mia parola preferita, per suono e significato. Non ho saputo rispondere. La persona che me l'ha chiesto è arrivata alla sua conclusione dopo anni e anni di accurata analisi del vocabolario e si sentiva realizzata. La mia ricerca, credo sia finita oggi: mi sa che l'ho trovata anch'io, la mia parola.
Avanzo o avanzi, poco cambia, ma è questa. E' una parola in cui ho incocciato spesso, anche per vie traverse, nell'arco della mia vita e anche delle mie giornate.
Nella mia famiglia, ad esempio, si conservava tutto quello che avanzava a tavola che domani dobbiamo mangiare un'altra volta, mica si butta via la roba ancora buona, che questa qui è tutta roba pagata, eh, mica che i soldi crescono sugli alberi in questa casa e poi c'è gente che chissà cosa darebbe per avere quello che noi buttiamo via. E così ho imparato ad essere la maga dello svuotafrigo: i miei cianfrugli d'avanzi sono roba da leccarsi i baffi, gli amici mi invitano a cena così gli ripulisco il frigo e cucino senza che debbano uscire a fare la spesa e non esiste che io faccia spreco di quel poco che riesco a comprare.
Oppure tutto quello che amici e parenti buttavano via perchè inutilizzato, io lo recuperavo a tipo rigattiere, lo ripulivo, lo sistemavo e lo conservavo. Tipo: quando ho traslocato non mi mancava niente, nè a livello di elettrodomestici nè a livello di suppellettili. Avevo tutto e a costo zero. Fantastico.
Fino a poco tempo fa, quando ancora si poteva portare via qualcosa, ogni tanto mi facevo un giro in discarica e non avete idea di quante cose utili, di quanti avanzi ancora validi ho recuperato gratis: giradischi, radio, televisori, videoregistratori (essì, io sono una fervente aficionado delle videocassette) una volta anche un bel mobile, tutto perfetto e tutto funzionante. Avanzi, cose venute a noia a qualcuno, ma non cose inutili.
Persino alcuni degli uomini che ho amato venivano considerati avanzi dalla società, solo perchè avevano uno stile di vita particolare o diverso da quello della maggioranza.
La seconda volta che ho fatto la seconda superiore, c'era stato un reimpasto, un confluire di alunni bocciati di tutte le altre sezioni nella stessa classe: anche lì, tutti avanzi. Nessuno si preoccupava troppo per noi, scarto di una fetta di società che non ci voleva proprio: il futuro era per gli altri, noi potevamo tranquillamente arrancare, tanto non ci saremmo salvati nemmeno se fosse sceso il Padreterno a farci una grazia. Lo scarto viene sempre sottovalutato. Grave errore.
Per me, tutto ciò che avanza è positivo e va conservato e gustato a tempo debito. Un po' come quando mangi una torta e alla fine non puoi resistere alla tentazione di raccogliere le briciole che restano con la punta delle dita. Ed è lì, in quel momento, che gusti davvero. E' un piacere sottile che non a tutti è dato di provare e capire.
Con tutto il predicare che fanno le suore sulle missioni e sui bambini che muoiono di fame e sulle offerte che bisognerebbe proprio fare per tenere la coscienza in ordine, non avete idea di quanto cibo io sia costretta a buttare via ogni giorno. Uno spreco che ha dell'insensato davvero. Così, ho deciso da qualche mese di fare la mia parte: mangio gli avanzi. Quando nessuno se ne accorge, se qualcosa è ancora commestibile, prendo, incarto e porto a casa. E mangio bene, checcazzo! Tanto mi trattengono un buono pasto al giorno dallo stipendio, quei rabbini! Tanto vale che, al posto di un panino, mi sparo l'arrosto o la verdura grigliata o la pasta allo scoglio. No?
Gli avanzi degli altri sono una buona cosa: si può sempre sfruttare il potenziale che la maggior parte delle persone non vede. E' una cosa che dà molta soddisfazione, ve l'assicuro.
Tutto ciò che viene rifiutato e rinnegato, è per me fonte di curiosità e interesse sconfinati. Sì, trovo decisamente gli avanzi stimolanti.
- Bella roba che ti fai vedere a parlare col giardiniere: non lo sai che quello lì è un avanzo di galera?
Da quando mi hanno detto questa cosa sul lavoro, non ci crederete, l'ho preso in simpatia. Il giardiniere che lavora nella stessa struttura dove lavoro io ha trentatre anni, una macchina vecchia e scassata e un sacco di casini. Sfoggia con disinvoltura tatuaggi in ogni dove: le braccia e il torace ne sono interamente ricoperti e ne ha diversi anche sulla scatola cranica, perfettamente rasata. Ha sempre un'aria truce alternata a un'espressione di riserva, incazzata nera. Lavora poco, si imbosca volentieri, risponde a tutti con una presa per il culo. Qualche anno fa ha messo incinta una ragazzina, ma la storia è finita ancora prima che lei partorisse. E' dichiaratamente uno skin head. In pratica, non dovrebbe starmi nemmeno simpatico.
Eppure è l'unico che, da quando lavoro lì, si ferma a chiedermi come sto, fa due chiacchiere da persona normale, scherza e mi sorride. Senza un secondo fine. L'unico. Senza che io abbia mai fatto il primo passo o sia mai stata particolarmente gentile o disponibile. E se qualcuno sta pensando che sia irresistibilmente attratto dalle mie tette, si sbaglia perchè vado a lavorare praticamente in tuta.
La verità è che, quando Vincenzo parla con me, è una persona normale. L'avanzo di galera diventa rosso, ha uno sguardo tenero quando affronta certi argomenti e mi cede l'ultimo posto a sedere rimasto libero alle riunioni obbligatorie della 626. Mi fa qualche carezza, se capita, mi tira su il morale con qualche battuta e si diverte a scherzare con me.
C'è più umanità in un avanzo che in un sorriso tirato a lucido da una fin troppo allenata ipocrisia.
Una volta che stava sistemando le aiuole sotto il sole, questa primavera, gli ho chiesto se per l'esasperazione avrebbe dato fuoco alle piantine che avanzavano.
- Ma no dai, proprio fuoco no! Se non altro perchè con il fumo mi beccano subito!
- E allora che ne fai?
Ha fatto una pausa, accompagnata da un sorriso misterioso:
- Poi te lo faccio sapere... - mi ha liquidata infine.
Quando sono uscita a fine turno, mi sono ritrovata tre vasetti di viole sul muso della macchina. Un bigliettino scritto male diceva: "Avanzavano, mi spiaceva dargli fuoco! Vinci".
Sono tornata a casa con la piacevole sensazione di aver guadagnato qualcosa di più di qualche semplice fiore colorato.
Gli avanzi possono anche sorprendere, a volte.
- Bella roba che ti fai vedere a parlare col giardiniere: non lo sai che quello lì è un avanzo di galera?
Sbatto gli occhi, non rispondo, sorrido e me ne vado a passo spedito, lasciando al palo la collega stronza che, credendo di mettere in mostra la propria materna generosità, non fa altro che sfoggiare la propria triste, banale limitatezza.
Resta, resta lì pure perplessa a non capire quanto sia piccolo e miserabile il tuo povero mondo. Io vado avanti per la mia strada, tiro dritto e faccio ciò che ho sempre fatto da quando sono nata: passo dopo passo, mi lascio tutto l'inutile alle spalle, mi riparo dalla mediocrità, faccio di testa mia e avanzo.


martedì 27 ottobre 2009

.La perla di saggezza 7.


Non tutto ciò che si mostra è.
Non tutto ciò che è si mostra.


.Alexander Lowen.

La strada
si scopre soltanto percorrendola.
Guai
a rimanere bloccati
di fronte ad un crocicchio di vie
e non decidersi mai
a tentarne una.
La rivelazione della strada
avviene lungo la strada.
Non prima.
La strada giusta
la si scopre soltanto dopo che si è deciso
coraggiosamente
di uscire all'aperto e di partire in esplorazione.
Certo
si corrono dei rischi.
Ma il rischio maggiore
è quello di non correre rischi.
E quando avremo percorso un bel tratto
ci volteremo indietro,
ma solo per un attimo
per valutare il tragitto, gli ostacoli superati,
le cadute, le forze rimaste.
Scopriremo di avere un panorama di fronte a noi,
ma ci accorgeremo che solo proseguendo il cammino
potremo giungere alla meta
ancora nascosta ai nostri occhi.

lunedì 26 ottobre 2009

.La perla di saggezza 6.


In fondo, siamo giovani finchè non muoriamo vecchi.


domenica 25 ottobre 2009

.Entropia.

Ho deciso: mi metto di impegno, sistemo tutto e parto anch'io. Conto di riuscire a farlo entro i primi sei mesi dell'anno nuovo.
Domani ho un colloquio per iniziare un secondo lavoro. Il cane rimarrebbe parcheggiato dai miei, il gatto in eredità temporanea a chi mi subaffitta l'appartamento. Un piccolo finanziamento, sistemo due cose e poi, dopo aver fatto tutto per bene, mi prendo un'aspettativa di sei mesi dal lavoro e vado. Tre mesi in Nuova Zelanda e tre mesi in India: Varanasi, sto arrivando! Mother Ganga will bless me!
Non posso più aspettare, ormai l'ho capito: è una vita che la meno con sto fatto di partire, mi tocca farlo ora, al più presto, o mai più!
In queste ore, ho avuto un attacco di entropia inarginabile. L'entropia è quella cosa terribile e meravigliosa per cui, quando ti esce troppo dentifricio dal tubetto, non potrai mai più riuscire a rimetterlo dentro. In pratica: quando una cosa succede, non puoi più fare finta di niente. E' mutato qualcosa in me: la necessità di partire è diventata desiderio e un desiderio è decisamente più inarrestabile rispetto a un bisogno da soddisfare. O anche viceversa, ma vabbè, mi son spiegata.
Ci sono molte cose da far collimare, dovrò trovare il giusto pragmatismo eccetera eccetera, ma atterrerò sul morbido perchè ho un contatto fidato che potrà accogliermi e guidarmi una volta arrivata a destinazione.
E' bello avere finalmente una prospettiva rosea e concreta per il futuro.


.Malinconoia.

Questo post è stato scritto venerdì, ndr.

Nico è partito, da poche ore in effetti. Il volo da Malpensa era alle 14e30, ci siamo salutati stamattina a casa sua intorno alle 10e30, poco prima che partisse per l’aeroporto. Non sono neanche le sei del pomeriggio e mi manca già moltissimo: considerando che ho dormito fino a cinque minuti fa, direi che è grave. Mi sento pure colpevole, sotto un certo punto di vista. Mi sento in colpa, nei suoi confronti e nei miei, provo un profondo senso di disagio. Nei suoi riguardi, perché mi è stato impossibile salutarlo come volevo e come meritava. Nei miei, perché sono irresponsabile verso me stessa e verso ciò che vorrei fare veramente.
Lo chiamo ieri sera per avere indicazioni e raggiungerlo alla festa che lui e la sua ex ragazza hanno organizzato prima di partire. Essì, parte anche lei: i biglietti, in fondo, erano due. Sono in ritardo, come al solito, ma chi mi conosce ormai ci è abituato.
- Vale, oh, dimmi dove sei!
- Parto adesso da casa… ridammi un po’ le indicazioni…
Blablabla. Io e la geografia non andiamo proprio a braccetto, per fortuna è una strada senza troppe deviazioni.

- Capito? Comunque quando arrivi in zona chiamami e fai squillare il cellulare tanto, perché c’è un gran casino, un sacco di gente e un sacco da bere! Muoviti che ti aspetto!
Sulle parole casino bere e gente comincio a sentir montare una leggera preoccupazione. La ignoro.
Viene a recuperarmi ad uno stop, correndo, con in mano una tazza di Pluto piena di birra e gridando come un pazzo. La tazza di Pluto sarà una costante per tutta la sera: non la mollerà mai e sarà sempre, inspiegabilmente, miracolosamente piena. Tranne che alla fine.
- Ma sei già ubriaco?
- No, solo un po’ allegro, aspettavo te per darci dentro.
Gli uomini sono i migliori compagni di bevute, lo dico sempre.
Ricevo dei complimenti perché ho avuto il coraggio di venire da sola: la metà delle persone presenti per lui sono illustri sconosciuti accompagnati da illustrissime comparse.
Mi aspettavo una cosina tranquilla, quasi intima, invece mi ritrovo in un Night improvvisato: “musica” altissima, strobo, insalatiere in ceramica del servizio buono traboccanti di cocktail, cibo in ogni angolo e soprattutto tantissime persone. Fino a una certa ora, la casa è un gran via vai di gente che entra e gente che esce, come un brulicare di formiche impazzite.
Dopo il terzo giro, ritrovo anche un mio compagno di scuola, delle elementari! Adesso è praticamente un uomo, mi racconta di sé, ha la barba e mi presenta con orgoglio la sua ragazza. Non ci posso pensare. Cerca persino di rintracciare un’altra nostra vecchia conoscenza dei tempi e la serata rischia per un attimo di trasformarsi in un’allegra rimpatriata. Cosa che, fortunatamente, non accade: una febbre da cavallo costringe il terzo uomo e rimanere in panchina.
- Valentina, perché il tuo bicchiere è vuoto?! Perché non stai bevendo?!
Non so quante volte Nicola ha ripetuto questa frase, ma sono felice che l’abbia fatto: la stanza è piena di fumo, di rumore assordante e ragazzini statici: un’atmosfera sopportabile solo da ubriachi. Ovviamente, ieri sera non ho cenato, quindi l’ebbrezza mi ha raggiunta piuttosto in fretta. Alla fine, non sono venuta da sola.
Con una rapidità che può aver imparato solo sul lavoro, Nico mi strappa di mano i bicchieri vuoti e riesce a rinfilarci dentro bicchieri già pieni. Mi ritrovo a importunare con le mie chiacchiere diverse persone, mi iscrivo agli scout, in cambusa per l’esattezza, e prometto di rintracciare tutti quanti su librinfaccia. Alla fine di ogni frase prima e quasi alla fine di ogni parola poi, ci tengo però a sottolineare che domani non mi ricorderò un cazzo di quello che ho detto.
- Oh, Nico, ma se fra sei mesi ti raggiungo, tu mi trovi lavoro?
- Certo! – esclama mentre mi riempie e mi allunga l’ennesimo bicchiere – Che lavoro vuoi fare?
- Ahahah! Perché, fa differenza? Oppure, se non vengo io, quando torni partiamo insieme, dai!
- Ok, ci sto.
Le persone iniziano a scemare, nel senso che cominciano ad andare via, che scemi erano già. Meno restiamo, più mi rendo conto che Nico parte: baci, abbracci, lacrime, regalini, paroline sottovoce, promesse.
Un altro bicchiere, ma la stretta al cuore non mi passa. Lo abbraccio anch’io, ci stringiamo forte: i sentimenti degli ubriachi sono esattamente come i sentimenti dovrebbero sempre essere. Limpidi. I sentimenti sono l’unica cosa limpida che possiede un ubriaco.
- Tu però resti ancora un po’, vero? - mi sussurra a mezza voce.
- Certo… - altrimenti chi porta a casa te e chi porta a casa me, penso.
- E allora che cazzo mi abbracci? Vieni, che apriamo una bottiglia di Martini.
Altro giro, altro regalo: Martini e soda, mezza bottiglia e forse anche di più. Ormai mi stanno simpatiche anche le calamite attaccate sul frigorifero.
- Ti rendi conto che sto passando tutta la serata con te, Vale? Ti voglio troppo bene!
- Vaffanculo, la verità è che non conosci nessuno e io ti faccio pena perché sono l’unica che è venuta da sola!
- Vaffanculo tu, questi che son rimasti li conosco tutti, sono anche amici miei. La verità è che voglio stare qui.
Sorridiamo e ci dividiamo il fondo di un bicchiere. Laura, la sua ex ragazza, irrintracciabile per quasi tutta la sera, ci passa davanti rapidissima e silenziosa. Nico trattiene il respiro, poi mi abbraccia e si dispera nel mio orecchio:
- Sono ancora innamorato di lei.
- Lo so, lo so…
Spero solo che domani non si ricordi di questa confidenza.
Il tempo comincia a perdere la sua reale consistenza, gli attimi si dilatano e si condensano a velocità immotivate. Non perdo il controllo, ma ciò che resta della serata viene vissuto con ingordigia.
I deejay finalmente se ne vanno, la consolle rimane abbandonata in un angolo. Restiamo la bellezza di otto o dieci persone. Poi, inevitabilmente, è ora di andare anche per noi. Usciamo dal giardino del villone stretti in un abbraccio, mano nella mano, barcollando e ridendo. “Ti porto a casa io”, mi dice “segui la mia macchina”. In qualche modo riesco ad arrivare nel parcheggio di casa sua, anche se più volte rischio di tamponarlo.
- Adesso cosa fai?
- Mi sa che dormo in macchina, Nico: troppo pericoloso arrivare fino a casa.
- Ma che discorso del cazzo: sei qui, vieni su che dormi da me.
- No, ma è tardi, poi tua madre… E poi mica è la prima volta che dormo in macchina.
- Ma va: a mia madre piaci, dormi nel mio letto e domattina le spiego la situazione. Dai, vieni su.
Ok. Non si discute un’offerta così.
Qualunque cosa voi possiate pensare, non è accaduta. Ci siamo ritrovati in mutande e canottiera nel letto, ‘mbriachi e abbracciati a ridere come due cretini. Fine.
- Sono contento che sei rimasta.
- Anche io.
- Ma la smetti di ridere?
- No.
- Madonna, Vale, sei gelata!
- Sono una donna: ho la circolazione alla zuava!
- Ma… hai tenuto su i calzettoni?! Cioè, la cosa più antierotica del mondo!
- Vabbé, ma mica che dobbiamo trombare io e te?
- No, è vero. Ma la smetti di ridere?
- No! Ci ricorderemo di questa sera per tutta la vita, lo sai?
- Sì.
- Oh, comunque sei il primo uomo con cui dormo da quando ho rotto la convivenza, sappilo!
- L’ultima qui, invece, è stata Laura.
- Mmm. Dimmi che hai cambiato le lenzuola…
- Sì!
- Ok. Quindi, al massimo una pugnetta di rito e non di più?
- Be’… sì.
- Nella tua metà, vero?
- Ahahah, sì Vale!
- Ghghgh…
- Ah, quanto mi mancava!
- Cosa?
- Il calore di una donna. Lo sento.
- Ahahah! Lo senti anche se sono gelata?
- Lo sento in te.
Pom: secco. Si è addormentato di schianto. Sono rimasta lì ad ascoltare il suo respiro tranquillo praticamente per tutta la notte. Che sono insonne si sa, ma quando bevo tanto vale abbandonare le poche speranze di riposo che posso nutrire in altre situazioni: quando bevo non dormo mai.
Così sono stata lì e sentire la mia mente piena di riflessioni e il mio stomaco pieno di alcool, salame e patatine fritte, rivoltarsi più e più volte senza trovare una soluzione, come se avessi nella pancia un oceano putrido solcato senza pace dai miei pensieri più inquieti.
Quando ci siamo alzati, sua madre era già andata al lavoro. Mentre lui controllava la lista di cose da mettere in valigia, io preparavo il caffè. Mi sembrava davvero surreale quella situazione. Nico partiva e stava via un anno, forse di più. E io non riuscivo a formulare pensieri concreti.
Prepariamo la valigia e ci ritroviamo di fronte alle tazze piene di caffè: ne mando giù un sorso e capisco subito che non mi è assolutamente possibile berlo.
- Ma davvero tu verresti, Vale?
- Be’, se potessi sì…
- E allora pottilo!
Vorrei davvero che fosse così semplice. Faccio un rutto, mi convinco che sia merito del caffè: penso che quello che non ho già pisciato fuori o assorbito, magari riesco ancora a digerirlo. Un altro sorso, allontano definitivamente la tazza. Ormai sono consapevole di vomitare prima del mio rientro a casa, anche se ancora non so quando.
- E se invece partiamo quando torno, dove vuoi andare?
- Mah… restiamo vicino, diciamo in Europa.
- Ma l’Europa l’ho già vista! – eh, mo sta a vedere che il mondo è troppo piccolo – Mi mancano solo i balcani, i paesi dell’est, l’estremo nord e il Portogallo.
- Opterei per il Portogallo!
- Ma ci vuoi andare in macchina? Ci costa un occhio!
- E se faccio montare il GPL?
- Mmm, però poi non possiamo neanche dormirci dentro…
- Vabbé, troveremo una soluzione alternativa.
- Ma ti porteresti il cane?
- Ovvio!
- Madonna Vale!
- Madonna che?
Ovviamente, cercavo di essere scoraggiante. Impossibile spegnere un entusiasmo come il suo. Mi ha strappato qualche promessa, che mi toccherà mantenere.
Scendiamo nel parcheggio: alla luce del sole si rende conto delle condizioni in cui versa la mia macchina. Mi chiede se mi serve qualcosa, magari un prestito, ma io non voglio soldi dagli amici e lui lo sa.
Ci salutiamo, lo abbraccio e il mio stomaco si accartoccia definitivamente: mi allontano di qualche passo e, come ai tempi d’oro della mia adolescenza punk, vomito tutto quello che posso vomitare. Quasi anche i miei stessi denti.
Con un coraggio che non gli avrei attribuito, nonostante tutto, mi abbraccia di nuovo e mi dà un bacio sulla guancia. Non mi riesce di salutarlo. Vorrei dirgli qualcosa di importante, di serio, ma non mi viene niente. Sdrammatizzo un po’, dico qualche stronzata di rito. Poi confesso che non sono in grado di dirgli arrivederci.
- Allora scrivilo – mi dice semplicemente.
Mentre mi allontano con la macchina, lo vedo sorridermi e salutarmi nel riflesso dello specchietto. Lo aspettano trenta ore di viaggio, due scali e un’avventura nuova.

“Non sono capace di salutare le persone che partono, la trovo una cosa contro natura. Soprattutto quando la persona che parte rimane con me perché presente nel mio cuore. Fa buon viaggio e accumula esperienze da raccontarmi quando torni!”


domenica 18 ottobre 2009

.Debito pubblico e vita privata.

Lo so, mi rendo conto che il titolo possa farvi pensare subito a Berlusconi, ma in realtà lui non c'entra niente. Non in questo caso almeno.
No, ma dico sul serio. Qui si parla di me.
No, ma davvero lui non c'entra, eh.
Il fatto è che sto seriamente pensando di affrontare l'ipotesi di chiedere alla mia banca un finanziamento. Intendo un altro finanziamento. Non me lo daranno mai, ne sono consapevole.
Ieri stavo giusto pensando a cosa potrei dire per convincere il direttore della mia filiale:
- Sa, la cifra non è poi così alta... sì, lo so, non ho beni immobili (e neanche mobili) ma in fondo sono molto giovane... magari se puntassimo su una scadenza lunga, ecco, con una rata più bassa... la prego, mi faccia questo prestito, investa su di me! E se non mantengo fede al mio impegno, mi investa!
Sono sull'orlo della disperazione, come si può ben notare. Ho seminato più puffi in giro io che Gargamella nella sua intera carriera di antagonista. Ho numerosissime orde di creditori che pregano per me, affinchè la salute mi assista almeno fino all'assolvimento dei miei debiti. Il che mi fa ben sperare. Con tutti i ceri che ho in chiesa a nome mio, dovrebbero come minimo versarmi l'otto per mille...
Il mio debito è pubblico, come accennavo nel titolo, perchè ormai praticamente tutti sanno che sono indebitata. E la mia vita è privata perchè troppi debiti e troppe spese non mi consentono di averne una.
Nonostante tutti i miei sforzi nel cercare un secondo lavoro, ancora niente. Tanti progetti, tanta voglia di fare, ma zero possibilità. Non mi ricordo più chi diceva che in Italia oggi a qualunque età si è già fuori mercato.
- ...oppure fatti mantenere: ne trovi uno e ti fai pagare tutto.
Eeeeeeeehhh???
- ...vabbè, poi al massimo lo molli.
Giuro, me l'hanno detto. Così, come io potrei dire: scusa, ma se hai la tosse, prenditi lo sciroppo. Se poi il flacone scade, al massimo lo butti via!
Il fatto è che io non ne sono davvero capace. Non di prendere lo sciroppo, intendo di farmi mantenere.
- Sì, ma un uomo che porta a casa il pane, è sempre una cosa positiva.
Ma scusate, come funziona sta cosa? Ora, questo me lo diceva come se avesse senso. Io ero in bilico fra l'inorridito e il perplesso.
- Guarda, non sono proprio il tipo che si fa mantenere. - gli ho risposto - Troppo orgogliosa e troppo diffidente: io preferisco essere autosufficiente e se un uomo ci deve essere, che ci sia per altri motivi. Non sono una mantide.
Non so se ha davvero capito. Ha insistito che fosse una cosa naturale e che con quello giusto avrei anche potuto mettermi a fare la casalinga a tempo pieno.
Eeeeeeehhh???
Sono davvero io quella strana? Qual è questa folle alchimia fra uomini, soldi e donne che io non capisco davvero? Perchè è così scontato che un uomo debba mantenere una donna? Qual è il tacito accordo? Perchè è così naturale e così dovuto agli occhi di molti? Perchè a me suona come una cosa abominevole?
Uomini considerati come bancomat. Donne considerate come prostitute salariate. Quindi tutto in regola agli occhi di tutti.
Io ti ho dato questo quindi tu mi devi quello.
Abominio.
Mah. Sarò davvero io quella strana.


sabato 17 ottobre 2009

.New Zealand i'm coming.

Io piaccio alle mamme, è risaputo. A tutte le mamme dei miei ex, io sono piaciuta subito, adottata come nuora e figlia mancata nell'immediato. Non c'è singola quasi futura suocera che, prima o dopo, non abbia ceduto alla tentazione di mostrarmi, orgogliosa e coi lucciconi agli occhi, i gioielli di famiglia con quella tipica espressione sul viso alla "figliuola, se ti accatti a mio figlio, forse un giorno tutto questo sarà tuo". Ma anche più in generale, alle mamme degli altri, soprattutto a quelle dei miei amici maschi, io piaccio. Non ci si spiega ancora bene come sia possibile, ma è così.
Sarà quella consistenza tipo marshmallows che assumo in loro presenza, il sorridere spesso, l'essere inevitabilmente goffa e impacciata o l'usare il tono di voce più basso che possiedo? Sarà il fatto che di fronte alla mamma di qualcun altro tutte le parole difficili che conosco si infilano al posto giusto nelle frasi e fanno capolino al momento opportuno? Sarà che dò del lei a prescindere, chiedo permesso e mi lavo sempre le mani prima di mangiare?
Onestamente, non lo so. Sta di fatto che ho quest'ascendente inutile.
Ieri sera sono stata a cena a casa di Nicola, che è tornato i primi del mese dalla Grecia e il ventitre riparte per la Nuova Zelanda. Starà via un anno, forse di più. Doveva partire con la sua ragazza, ma si è ritrovato single al suo ritorno in Italia. Parte lo stesso perchè "il biglietto l'ho già fatto e poi, che cazzo, vado in Nuova Zelanda!". Come dargli torto?
Nicola ha un anno in meno di me, ci conosciamo dalle superiori, ma l'abissale differenza tra me e lui sta nel fatto che lui il diploma l'ha preso e in questi anni si è viaggiato il mondo: Cina, Russia, Siberia, Polonia, Bulgaria, Austria, Inghilterra, Francia, Grecia e adesso, prossima meta, Oceania.
Ci sentiamo spesso via internet, mi assicuro almeno che sia ancora vivo, ma non appena passa qualche giorno in Italia cerchiamo di vederci il più possibile. Nicola è forse l'unico bravo ragazzo rimasto sulla faccia della terra: è stato boyscout, viaggia prevalentemente (e preferibilmente) in autostop ed è carico di un entusiasmo che raramente si riesce a trovare nelle persone al giorno d'oggi.
La prima volta che mi ha rivolto la parola, a momenti lo incenerisco con lo sguardo: aspettavo il treno per tornare a casa seduta su una panchina della stazione di Gallarate e lui mi si è avvicinato dicendo qualche stronzata a voce alta. Poi, una volta sul treno, mi si è seduto di fronte senza chiedere e, tanto per farsi dare un secondo parere, mi ha praticamente cantato un intero LP degli 883. Cantato a voce alta, col vagone pieno. Solo perchè "io credo di avere una bella voce, potrei fare il cantante, tu cosa ne pensi?". Inutile sottolineare che non ho avuto il tempo di rispondergli... Ho pensato "questo o sta più fuori di me o mi piglia per il culo", ma poi con il tempo ho capito che era proprio così, colmo di una spontaneità irrefrenabile. E oggi sono felice di non averlo incenerito.
- Senti, ma riusciamo a vederci prima della megafesta che hai organizzato il 22, Nico?
- Sì, se vuoi puoi passare da me per cena e poi magari usciamo a bere qualcosa, se ti va...
- Ok, per me va bene!
- Potrebbe esserci in casa anche mia madre: per te sarebbe un problema?
- No, assolutamente.
- Ok, allora a domani.
Non sono arrivata puntualissima, ma ho portato con me una bottiglia di vino e sono stata perdonata. Non era la prima volta che incontravo Patrizia, ma era la prima volta che avrei dovuto passarci del tempo face to face e scambiarci più di qualche semplice parola di cortesia. E, anche se già le mie esperienze passate, nonchè una piccola confidenza fattami da Nicola all'indomani del mio primo incontro con sua madre in cui mi diceva che le ero piaciuta, di sicuro non mi aspettavo di sentirmi dire tanto schiettamente a metà cena:
- Valentina, ti devo dire una cosa: sei davvero una ragazza bellissima.
Ora, questo non è vero. Ma a prescindere da questa cosa, io ho un grave problema con i complimenti: mi imbarazzano e reagisco male. Sono riuscita miracolosamente a dire grazie, mi sono sistemata gli occhiali e ho preso un po' di pomodori, così, tanto per fare tinta unita con le mie guance. E, anche se quasi nessuno se ne è accorto, sono esplosa come un pop corn in un microonde. PUFF! Avrei voluto infilarmi sotto il tavolo e sparire tra le fughe delle piastrelle. Nicola mi ha guardata e ha sorriso. Io ho tenuto gli occhi incollati alla mia cotoletta. Poi ho bevuto un bicchiere di vino rosso e ho cercato di dimenticarmi dell'accaduto.
Il resto della cena e della sera è proseguito con tanto piacere da farci passare la voglia di uscire. E ora, lo so: di venerdì sera, da due scalmanati ventenni, ci si aspettano racconti di alcool e scorribande. Ma in realtà, vi devo deludere: abbiamo passato la sera a giocare a Scarabeo a casa con la mamma. E ci siamo pure divertiti. Sì, sono decisamente una felicissima sfigata.
In tarda serata, ci hanno raggiunti anche sua sorella Luna con una sua amica cilena, direttamente da Barcellona. Quindi abbiamo passato le ore successive in un miscuglio di chiacchiere italoispanicoinglesi corredate da una caldissima tisana alla camomilla e semi di finocchio.
Lo so, lo so: nessuno di sentirebbe esaltato da una serata del genere, ma io sono stata davvero bene, serena come non mi sentivo da mesi e a mio perfetto agio. E ho sentito di nuovo bussare alle mie orecchie la vecchia idea di lasciare tutto e partire.
- Sai, Vale, tu sei una delle pochissime persone con cui mi trovo bene a stare in famiglia...
- Oh, grazie... anche io sono stata molto bene.
- Allora che fai? Vieni?
- Eh, dove?
- In Nuova Zelanda. Facciamo così: io parto, dovrei venire assunto nell'arco del primo mese in una delle vigne di cui ti ho parlato, tu intanto ti fai il passaporto e sistemi tutto quello che hai da sistemare e tra sei mesi mi raggiungi.
Eh, sì, come no: ciao, ci vediamo tra sei mesi. Magari se sono di passaggio, una sera, dopo il lavoro, faccio un salto da te in Nuova Zelanda per un caffè. Ma torno a casa presto, che poi la mattina ho la sveglia all'alba...
- Nico, non è così semplice...
- Ok, ok, lo so. Ma tu pensaci su. Ci vediamo prima di giovedì, eh, ci vuole un'altra cena.
Buonanotte a te, buonanotte a me. Ci sentiamo nei prossimi giorni, ciaociao.
La Nuova Zelanda. Ma anche l'intero mondo. Che fare?




P.S.
Quella nella foto, non sono io.

martedì 13 ottobre 2009

.Sparanoia.

Stamattina mi sono svegliata. Lo so: niente di strano in questo. Mi sveglio quasi tutte le mattine, almeno quelle in cui lavoro. Altrimenti opto per alzarmi direttamente nel primo pomeriggio. In fondo, è già stagione di letargo qui.
Il gatto mi aspettava già pronto in pole position di fronte alla ciotola, che ho riempito ad occhi chiusi con un gesto automatico. Struscino e fusa riconoscenti di rito. Cambio dell'acqua e aggiunta di succulenti croccantini alla ciotola del cane. Leccatina e scodinzolamenti di rito. Ci sono volte in cui mi convinco d'essere considerata come un utile animale domestico.
Pipì, lavarsi la faccia e altre zone del corpo col metodo random, vestirsi. Smozzicare una brioche, prendere il BeTotal Plus, che ho scoperto farmi più effetto del caffè ed essere, per ovvi motivi, estremamente più pratico, accendere e spegnere la tv non appena appare la prima immagine. No, non ce la faccio proprio.
Radio. Khhhvvhhhrrrrhhhuuusssììnacosagggrraanndepeemmmeeee... rivedo mio nonno che canta per mia nonna appoggiato allo stipite della porta della cucina mentre lei gli prepara il caffè. Spengo la radio: i ricordi malinconici di prima mattina non sono tollerabili.
Prendo in mano la chitarra, attento a un paio di cromatismi, maledico bonariamente l'amico Peppe che me li ha spiegati e raccomandati, mi convinco sempre di più che devo decidermi a comprare un violoncello. Impugno la chitarra come un violoncello, proseguo nei cromatismi. Mando a cacare la chitarra.
Pennelli, proviamo a proseguire con l'ultimo quadro in atto. Ho finito il rosso. Disastro, mi serviva. E' finito anche il blu. Sono finita io, praticamente ho finito i colori: niente colori primari, niente colori in generale.
Insomma, stamattina mi sono svegliata e ho capito subito che era una giornata di merda. Tanto più che dovevo uscire e andare a pagare l'assicurazione che, per quanto bassa, incide non poco sul mio già di per sé scarso introito mensile.
Così ho preso l'auto e mi sono sparata da brava tutti i chilometri che mi separavano dall'ufficio del mio assicuratore. Ma, ecco la folgorazione: mentre sono ferma ad un semaforo lungo il percorso, l'occhio mi cade su una vetrina tirata a lucido.
- Tò - penso - finalmente hanno affittato.
Una macelleria equina. Araba.
- Bene! - penso ancora - Viva l'integrazione! Qui, nel cuore della Padania, era ora che...
Mentre formulo questo pensiero, mentre esulto un tantino, mentre sono sull'onda del "siamo tutti clandestini", mentre i miei occhietti vispi scivolano sui caratteri arabeggianti incomprensibili, ecco comparire una gigantografia di quella che al momento poteva sembrare una foto dell'arena di Verona durante un concerto, invece no: aguzzo bene la vista e mi capacito che nella metà inferiore della vetrina campeggia un poster de La Mecca, traboccante di fedeli al chiar di luna. Strabuzzo gli occhi: subito sotto, un librone d'oro aperto su una non meglio precisata pagina che esprime non meglio precisati concetti, non in italiano almeno. Il Corano. In una teca di vetro, manco fosse la testa di Nefertiti al Cairo.
Nella manciata di secondi che mi separano dal semaforo verde, nella mia testa si mischiano, come in un frullatore impazzito, centinaia di pensieri ed immagini: Bin Laden, le torri gemelle, il pentagono, le lapidazioni, le impiccagioni, l'infibulazione, il burqa, lo chador/hijab, la danza del ventre, i magrebini, la guerra, l'America, il petrolio, l'Iraq, l'Iran, l'Afghanistan, tutti gli altri paesi che finiscono in an, buona parte dell'India, svariati paesi dell'Africa, il terrorismo, Bush, Blair, Aznar, Berlusconi, la Madonnina del Duomo di Milano, gli attentati, la caserma di Santa Barbara a Milano, Londra, Madrid, i Mujaheddin, i Muezzin, l'Onu, la ricerca sul Marocco che ho fatto per la tesina agli esami di terza media, quel tunisino che voleva dare a mio padre un gregge di pecore uno di capre e novantanove cammelli per portarmi in un kibbutz, gli aiuti umanitari, le missioni di pace, Arafat, la Palestina, le bombe, gli integralisti, i capitalisti, i diamanti di sangue, i bambini che muoiono di fame, i bambini soldato, le peggio malattie, le vacanze a Sharm el Sheikh, Jovanotti che canta con Ligabue e Piero Pelù "Il mio nome è Maipiù", lo Yemen, il mio amico soldato che sta nell'aeronautica in missione, Saddam Hussein, le moschee, Viale Jenner, l'Islam, il kebab, il kaftano, gli ottomani, mammaliturchi, le crociate, Maometto, i musulmani, Calderoli, le dittature, il pizzaiolo tunisino che mi continua a ripetere quanto gli ricordo sua figlia che è sposata e vive in Marocco, l'immigrazione clandestina, gli sbarcati, Messina, i carri armati, i bombardamenti, la striscia di Gaza, Israele, Hitler, il ragazzo egiziano che due anni fa al mare ci ha provato prima con mia cugina e poi con me, i campi di concentramento, i kamikaze, le guerre sante, mio nonno che ventitre anni fa disse a mia madre di non chiamarmi Miriam perchè chissà cosa combinano zittizitti giù di là che un domani ti sale su un aereo e solo perchè ha un nome così te la fan fuori, i martiri, Hina, Sanaa, tutte le altre, sangue sangue sangue, la paura, l'orrore, la paranoia.
Cerco di richiudere la bocca e di scorgere qualche figura umana dietro al vetro: all'interno della macelleria, un ragazzo, che avrà al massimo vent'anni, mi osserva immobile. Ha il sorriso inebetito e lo sguardo perso nella mia scollatura troppo generosa. Solleva gli occhi e continua a sorridermi, mentre mi domando se trova il mio trucco troppo sfacciato per la sua cultura. Non c'è traccia di rimprovero nei suoi occhi, solo un tasso ormonale troppo alto e una leggera percentuale piacionica nell'atteggiamento.
Il semaforo diventa verde e io mi dimentico di tutto. Gli offro mezzo sorriso, giusto perchè i nostri sguardi si sono incrociati per un attimo. Solleva la mano in un accenno di saluto, quasi sorpreso e intimidito. Alla fine, è un uomo anche lui.


giovedì 8 ottobre 2009

.Io non uso il dado.

L'altra sera sono andata al cinema. Da sola. Senza soldi e senza compagnia. D'altronde, si vive una volta. Sola. Appunto.
Sono andata a vedermi "Whatever Works": BELLO! Chi non l'ha visto, corra subito a farlo. Woody è un genio e io l'ho sempre amato. Non potevo perdermelo, così ho optato per il faidatè.
Quando sono arrivata di fronte al cinema ho pensato:
- Cazzo, ho solo nove euro... quanto costerà un biglietto per vedere un film in uno sfigato cinema di periferia? Ok, niente panico: se il prezzo è troppo salato, sorrido, glisso dicendo che "ops devo andare a prelevare" e mi dileguo, che il 15 del mese è ancora lontano...
Costava cinque euri. Mui bien. Poltroncine imbottite in velluto azzurro, mui bien. Color verdino alle pareti (di quel verdino che ormai è stato proibito anche nelle scuole e negli ospedali) e soffitto piastrellato color blu. Non molto bien, ma in fondo chissene. Platea piccola, ma confortevole e qualche posto a sedere anche in galleria. Molto mui bien. Schermo montato storto, praticamente un rullo di carta. E vabbè, per cinque euri!
Il film è spettacolare. A parte il fatto che in quasi tutte le scene si vede il microfono. E un po' mi ricorda parte della mia vita... eeeh, che nostalgica!
Tra l'altro ho scoperto di avere almeno tre cose in comune con Boris:

1) Mi sveglio nel cuore della notte gridando "ah! l'orrore!" o anche "sto per morire! non oggi, ma un giorno morirò!".
2) In una scena del film indossa un paio di pantaloncini identici, giuro, identici ai miei. Il che è meraviglioso!*
3) Sono paranoica e tendo a razionalizzare tutto, ma quando mi accorgo di aver fatto tutto quello che ho fatto solo per essere fedele alla logica e rassicurante razionalità, mi pento, mi spavento e tento il suicidio gettandomi dalla finestra. Abbastanza periodicamente. Anche questo, in fondo, è meraviglioso: qualcuno mi capisce/interpreta/pensa possa esistere una persona simile a me.

E c'è una cosa che, dall'altra sera in poi, farò ogni giorno, più volte al giorno, presumibilmente per il resto dei miei giorni: cantare due volte "Tanti auguri a te" mentre mi lavo le mani. Questa cosa la potete capire solo se avete visto il film, ma non importa... Comunque sono stata mui feliz, a parte per quella schiera di donnette che mi si è piazzata alle spalle e ha continuato a parlottare di tutto per l'intera durata della proiezione. Tipo: di fronte avevo "Basta che funzioni" e dietro "I dialoghi delle vagine". Qualcosa del genere.
Questa lunga e logorroica premessa per dire, non solo che sono davvero cuntenta e soddisfatta di aver visto W.W., ma anche che il giorno dopo ero così contenta da essere addirittura di buon umore. E commettere, per questo motivo, un grave errore.
- Vale, oggi devi andare a Varese per comprare la corda della chitarra, vero?
Questa è mia madre. Quando mia madre mi chiede dove vado e cosa faccio o comunque in una domanda ci infila un vero?, significa che vuole qualcosa. In un'altra occasione, ben sapendolo, mi sarei messa sulla difensiva e mi sarei mantenuta sul vago con un classico "mmm, non lo so, forse ho cambiato idea". Ma ieri ero contenta, eh.
- Sì, perchè?
- Perchè papà va a Varese a fare un po' di spesa, magari potevate andare insieme...
In un'altra occasione, avrei detto no. Anzi, non avrei nemmeno avuto bisogno di dire no, perchè non ci saremmo neanche arrivate a questo punto. E invece...
- Ah, ok.
Ah, ok? Ah, ok?! Tanto voleva che mi sparassi in bocca!
Mio padre, lo giuro, è una brava persona. Se vi capitasse di conoscerlo, forse vi starebbe anche simpatico. Ma non andate mai, mai, mai, mai e poi mai, ripeto mai, in un supermercato o in più supermercati con lui. Ha la sindrome del turista congenita, non c'è speranza di salvezza.
- Uh, hai visto questo? Uh, guarda quest'altro! E questo cos'è? Vuoi questo? Vuoi questa? Prendiamo questo? Uh, questo sì! Ah, questo proprio mi serve! Ehi, andiamo a vedere cosa c'è di là! Ooh, il reparto promozioni! Guarda, tutto a un euro! Ti serve una scorta di cento rotolini di scotch? Solo a novantanove centesimi, dai!
Fortunatamente non è contagiosa: io a fare la spesa ci metto al massimo, ma proprio esagerando, venti minuti netti. Lui può impiegarci anche l'intero turno di una commessa.
Fra l'altro, nonostante parta da casa con una fittissima lista della spesa, ci sono sempre innumerevoli, irrinunciabili extra. Cosa ancora più melodrammatica: i miei genitori fanno la spesa in 2 o 3 supermercati diversi "perchè solo lì troviamo esattamente la marca che cerchiamo".
Ora: io vivo di discount. Dal Penny Market al Tigros all'alterego tarocco del Tigros, il Panter, fino al mitico Dipiù e arrivando anche all'ormai superinflazionato Lidl, sono tutti miei. Loro, invece, passano da un GS a un Esselunga, da un Iper a un macellaio con una disinvoltura da lasciare sconvolti. Sono in due, fanno la spesa per cinque. Anche quando eravamo in tre, facevano la spesa per cinque. Non si accettano battute sulla quantità di cibo che mangio.
La verità è che loro seguono la teoria della scorta. Fanno scorta di tutto, come scoiattoli e con la stessa spasmodica rapidità. O forse deve venire la guerra e io sono l'unica che non lo sa. Lo scoprirò quando cadrà una bomba proprio di fianco a casa mia o quando, scendendo nella taverna dei miei, troverò sacchi di riso, di farina e di sabbia tutti da 25 kg, allora mi farò delle domande. Forse.
- Lo prendo, non si sa mai che serva... Così, se poi forse un giorno magari mi servirà, ce l'avrò.
Mah.
Il punto è: la mia presenza a cosa serviva? Perchè la genitrice mi ha subdolamente invitato ad accompagnare il genitore in questa gita fuoriporta cui potevo tranquillamente non partecipare?
Per la fretta. Erano le quattro ed entro le sette era d'obbligo passare prima dal medico e poi in farmacia. Io, secondo mia madre, ho il dono della fretta e riesco a trasmetterlo a mio padre quando ho il controllo del carrello. Cioè da quando avevo otto anni.
Ogni tanto mi rivedo questa scena di me bambina che spingo il carrello e guardo mio padre con malcelata impazienza, dicendo:
- Ma davvero questa cosa ti serve? Ne hai già tre a casa. Dai, andiamo che è tardi...
- Ma, uffa, dai!
Giuro. Ma uffa dai. Sì: la mia crescita è stata un percorso difficile.
La scena migliore, di fronte al magico mondo Star:
- Che dadi prendo?
Quelli truccati, che vinciamo sicuro.
- Non lo so, papà, io non uso il dado.
- Perchè?
- Non mi piace, preferisco le cose al naturale.
- Ma questo dado è naturale: è italiano, è sicuro.
- Sì, ok, vabbè. Ma a me non piace, non lo uso.
- Ma la mamma sì.
- Sì, lo so. Sono trent'anni che compra il dado classico. Prendiglielo classico.
- Ma magari per variare, non so... tu quale prenderesti?
- No, io non prenderei proprio il dado. Prendile il solito.
- Però le cose che fa mamma sono buone.
- Sì, ma che c'entra?
- Eh, ma le mangi anche tu.
- Sì, ma cosa c'entra?
- Eh, perchè tu dici che non lo usi, però ti piace!
- Ma no, è che se cucini una cosa io mica posso sapere cosa c'è dentro.
- L'hai sempre mangiato...
- Sì, ma mica crudo a tipo stuzzichino! Fai una cosa, la mangio, fine. Io, per me, a casa mia, non lo uso.
- Eh, ma perchè, che ti abbiamo cresciuto e l'abbiamo sempre usato?
AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!
- Papà, prendiglielo classico e finiamola qui. Ti aspetto in cassa.
- Come vuoi... - cinque passi contati - Vale?
- Eh?
- Ne vuoi anche tu una scatola? E' in offerta...
- IO NON USO IL DADO!!!
La commessa voleva offrirmi la spesa honoris causa.
Insomma, tre ore di inferno, ma alla fine il mio dono ha avuto la meglio e abbiamo fatto tutto per tempo. Anche se ci ho rimesso la serenità, parte della salute mentale ritrovata con tanta fatica e le ciocche di capelli che mi coprivano le tempie. Mi si è anche cariato un dente. Ma tant'è. So' ragazzi, bisogna avere pazienza.

martedì 6 ottobre 2009

.BLAblaBLA di LuieLei 2.

...
- Cazzo, no, non ho intenzione di tradirti! - gli ripetè per l'ennesima volta; questa sua stupida paranoia la irritava.
- Perchè?
- Perchè non ne ho motivo!
La osservò per qualche istante, lo sguardo tra il perplesso e il poco convinto: lui, che aveva sempre vissuto tutto con tanta leggerezza, che raramente si era soffermato sulle conseguenze e sui motivi delle proprie azioni, si ritrovò momentaneamente disarmato dalla semplicità e dalla franchezza della sua risposta.
- I motivi si trovano e spesso non servono - concluse infine.
- Ma che cosa...?! Senti, questo discorso non ha senso: sei stato tu a chiedermi se mi piaceva.
- E tu hai detto sì: avresti anche potuto mentire, per una buona volta.
- Ma perchè? Per la miseria! Io ti reputo un uomo intelligente, ti rispetto e sono sincera. Penso che tu sia in grado di comprendere la verità, cosa c'è di così sbagliato?
- Potevi mentire, potevi proteggermi: così mi fai sentire minacciato.
- Ma minacciato da chi, da cosa? Chi ti mente non ti protegge, chi ti mente ti sottovaluta!
Un altro rapido corto circuito nella sua testa: quella donna lo sfiniva con tutte le piccole grandi verità che le uscivano di continuo dalla bocca; non ci era abituato.
- Mi è passata la voglia di uscire, sono stanco.
Lei si portò le mani agli occhi e si abbandonò sul divano, la gonna le ricadde sulle caviglie come i petali di un fiore che appassisce troppo in fretta. Dalla porta socchiusa del bagno, le arrivò alle orecchie lo scroscio della doccia aperta.
Quell'uomo la faceva diventare matta, sempre pronto a complicare le cose più semplici e sempre così repentino nel cambiare idea. Eppure le piaceva. Temeva che le piacesse persino questa sua volubilità, il suo essere sempre così fedele alla sua natura e a ciò che sentiva esattamente. Temeva che le piacesse il suo essere perennemente libero, libero di fare tutto ciò che gli passava per la testa, incurante del resto. Temeva che le piacesse la certezza di sapere che, così come ogni suo mutamento negativo era spietatamente sincero, così lo erano le cose positive: ogni bacio, ogni carezza, ogni frase. Temeva di saper apprezzare il valore di ogni suo singolo gesto e di ogni sua singola parola, semplicemente per ciò che erano. Temeva che le piacesse la totale instabilità, il suo continuo andirivieni e il senso di sorpresa e debolezza che ogni volta, anche quando se lo aspettava, sapeva suscitarle. Temeva che le piacesse persino quella mezza faccia da stronzo, col sorriso a metà, che faceva ogni volta che stava per mentire. O quell'espressione da trota al cartoccio che faceva quando la osservava pensando di non essere visto. Il modo il cui il suo viso si illuminava quando sorrideva o l'entusiasmo che metteva nel proporle di fare qualcosa insieme. Temeva che le piacessero il suo genio e la sua sregolatezza. Temeva che le piacesse.
Raccolse le sue cose e se ne andò in silenzio.



N.B.
Questo blog prende spunto dalla realtà, però travisa.

lunedì 5 ottobre 2009

.Smile.

La prima Signora, quella col cappellino, è un idolo. :)



sabato 3 ottobre 2009

.Succede che.

Succede che ieri sera, mentre torno da casa di amici, dopo aver fatto trenta minuti di macchina, a 500 metri da casa, con l'assicurazione scaduta dal 28, a momenti investo un ragazzino in motorino. E non è per l'assicurazione. Non è nemmeno per i trenta minuti di macchina e neppure per l'ora tarda o per il fatto che non avrei dormito per tutta la notte.
E' che questo puntino rosso luminoso, questo stop nascosto dalla seicento che mi stava davanti, ha frenato bruscamente per far passare la macchina che gli stava dietro e poi, con altrettanta nonchalance, ha sterzato verso sinistra fermandosi giusto in mezzo alla corsia.
Ora, è risaputo che io in macchina ho il piede "pesante", va bene. E anche che dovrei rifare i freni, che quando schiaccio il pedale partono certi fischi che manco allo stadio. Però, minchia, in mezzo alla corsia!
Mi ha sgranato questi due occhioni da cerbiatto impaurito, che coi fari che gli ho piazzato in faccia sembravano enormi, l'ho maledetto con un porcodio scandito bene, che purtroppo si è infranto contro il finestrino chiuso della macchina (che qua fa già freddo la sera, oh) e ho notato che aveva la pelle proprio da bebè: non un filo di barba, liscia, non una rughettina, forse qualche brufolo ma niente di più. Eh, il cazzo, mica ho avuto il tempo di tirare fuori la mia anima da estetista in quel frangente.
Un ragazzino. Spaventato a morte. A momenti lo ammazzo, non ci posso pensare. Nel senso, anche dopo averlo evitato, lo volevo proprio ammazzare con le mie mani. E il cielo ha voluto che avessi i riflessi pronti nonostante la giornatina che avevo passato e che non avessi bevuto nemmeno una goccia di alcoooool.
E' sparito nella notte, ingoiato da una stradina laterale. Poteva essere mio cugino piccolo, mio fratello minore, il figlio di una delle mie amiche. Sono tornata a casa con le interiora sottosopra. Non è la prima volta che mi capita di rischiare un incidente, magari con qualche ciclista spompo o qualche pedone depresso che tenta il suicidio nei giorni feriali. Ma non mi era mai capitato con una personcina così giovane: tutto un altro, pessimo effetto. Sono arrivata a casa e mi sono dovuta lavare la faccia due o tre volte, tenere i polsi sotto l'acqua gelata, avevo anche un po' di nausea.
Mi sono fatta una tisana calda, ho acceso la TV, ma ho tenuto il volume al minimo. Stato catatonico. Mi sono ripresa solo quando sullo schermo sono apparsi Petrosyan e Askerov. A proposito: bel match. C'è stato un frangente in cui ho provato tim0re, ho pensato: è un buon incassatore, lo sta sfiancando, tra poco lo abbatte. Invece no, è andato giù di schianto. Bel match. Mi ha fatto venire nostalgia del mio allenatore, il mio Maestro, mi ha fatto venire nostalgia del combattimento.
- Convinciti che non senti alcun dolore, è solo psicologico, è solo paura di perdere: rispetta il tuo avversario e combatti senza paura, avrai già vinto.
Il mio Maestro! T_T ...mi manca, Dio quanto mi manca il mio sport!
- Tieni la guardia alta, porta bene quei colpi! Vuoi romperti i polsi? Devi caricare i colpi con tutta la spalla, con tutto il corpo! Cos'era quello? Vuoi spezzarti una caviglia? Inclina il bacino, non cadi! E se cadi ti fai meno male che a prenderle!
Dovevo scendere dalla macchina, levargli il casco e prenderlo a ceffoni.
- Ti sei spaventato, sì? Non abbastanza: mo ti faccio conoscere la paura, vieni un po' qui! Che la prossima volta che fai tardi per limonare dieci minuti in più con la tua patanella di turno, io t'aspetto per vedere se con sto cazzo di motorino vai a passo d'uomo, e' capì? Strunz!
Mammamia, i capelli bianchi mi ha fatto venire. Ho perso dieci anni di vita in un soffio. Che qui già si galoppa verso l'adultità spinta, mica cazzabubbole. Sìsì, qui si invecchia a vista d'occhio, altro che no. Mo mi voglio pure mettere a fare la morale agli adolescemi. Oltre a criticarli quando mi trovo con quella cara amica mia e ci pigliamo il tè coi biscotti come due vecchiette, parliamo male delle nuove generazioni "che noi almeno ci siam salvati, non eravamo mica così!" e sgraniamo gli occhi di fronte alle vetrine dei negozi "ggiovani&trendi". E poi qua la gente inizia a invitarci ai matrimoni, ma com'è? Bomboniere di battesimi che affollano le mensole, mah!
Sta a vedere che qua, niente niente, poi s'aspettano qualcosa anche da noi? Sta a vedere che mo quel nostro amico libertino, tomotomo cacchiocacchio, va a convivere pure lui e mette la testa a posto? Sta a vedere che qui, zittizitti, quando si sale in ascensore coi bambini ti chiamano Signora? Sì, vabbè, già capitava, ma chi ci faceva caso? Sta a vedere che adesso la generazione in scadenza siamo noi.
Eh, lo dico da un pezzo io: sto stagionando, come il gorgonzola; darò il meglio di me quando caccerò i vermi.


lunedì 28 settembre 2009

.Single Bells.

Mi sono decisa a fare concorrenza a questa donna:


Questa donna, per chi non lo sapesse, è Eliana Monti e possiede una delle più famose agenzie matrimoniali di tutta Italia.
Sono anni e anni ormai che penso di proporre fidanzamenti a tempo determinato, ed è giunto il momento di farlo.
Ebbene sì: non più matrimoni, non più appuntamenti da riconfermare, non più anzie. Uomini, donne, da oggi io vi offro la risoluzione finale ai vostri problemi di solitudine: perchè consumarvi di anzia e spendere cifre stratosferiche per fuggevoli e deludenti speed-date, quando da oggi avete la straordinaria possibilità di scegliere e testare il/la vostro/a fidanzato/a comodamente a casa vostra, senza impegno, per due settimane?
Due intere settimane, avete letto bene! Nel pacchetto sono compresi: scenate di gelosia (almeno una la settimana), cene a lume di candela (almeno una la settimana), sesso senza inibizioni (con aggiunta di gadget erotici, a scelta), festeggiamento in pompa magna del conosciversario (esempio: prima uscita sabato, conosciversario sabato successivo), sms del buongiorno e della buonanotte, telefonate repentine*, parole romantiche*, occhi dolci,* coccole a profusione* (*più volte al giorno), stare svegli a parlareparlareparlareparlare per tutta la notte (almeno una volta), atteggiamenti disinibiti in luoghi pubblici (se graditi), controllo senza scuorno alcuno del cellulare altrui, condom omaggio (N.B. 15 in totale, per la doppietta vi dovete arrangiare), spazzolino da denti di ruolo e passeggiate tassativamente mano nella mano.
Perchè aspettare? La felicità è solo a due settimane da voi! Alla scadenza del 15° giorno, potete scegliere, di comune accordo con il/la vostro/a partner, se rinnovare il vostro contratto per altri quindici, venti, trenta giorni, oppure... chissà! Sarete liberi di cambiare idea e rescindere IN QUALUNQUE MOMENTO senza impegno, senza paure, senza jacuvelle! Pensate alle infinite possibilità che potrete avere e agli innumerevoli tentativi che potrete fare!
E dopo il sesto mese consecutivo, in omaggio solo ai primi 109 di voi che aderiranno spontaneamente entro le prossime 48h (poi di quello/a che resta spaiato/a vediamo che farne), c'è lo speciale pacchetto "Ti presento i miei"! E alla prima coppia che si sposa, il matrimonio, LO OFFRIAMO NOI!
Cosa aspetti? Arruolati anche tu nel grande esercito di cuori solitari che fa riferimento a Single Bells come a un faro nella notte!
Ma vediamo un esempio pratico di come funzionano gli annunci nella nostra agenzia:

A.A.A. Fidanzato part-time cercasi, con possibilità di assunzione a tempo indeterminato:
Nome: Valentina
Età: 23
Istruzione: ma anche no
Di aspetto: tondeggiante
Colore occhi: indefinito
Denti: tutti presenti (e dritti)
Taglia reggiseno: non pervenuta
Carattere: isterico/irascibile tendente all'omofobia (intesa come paura degli uomini)
Su di me: i capelli
Dicono di me: che ho un cuore grande così e che ho il culo a forma di cuore
Vizi: mi faccio delle domande e mi dò delle risposte (non necessariamente in quest'ordine)
Virtù: scopo tutto il giorno (lavorando nel settore delle pulizie industriali...)
L'ultima frase che ti hanno detto: "Tu volevi limonare, ma hai sbagliato ragazzo!", Crookers (cit.)
Perchè hai scelto Single Bells: per trovarmi la chiavata fissa, l'ammore e qualcuno che porti a pisciare il cane quando io mi scoccio (pur'anche se ci ho il giardino di proprietà)
Qualcosa di particolare che vorresti dire a tutti gli iscritti: "...m'piacc'n tutt', nun m'ambort che ffa: m'bast' che è n'omm', no nu' quaquaraquà" (cit.)

Caro/a lettore/trice, lo vedi quanto è semplice? E allora non essere timido/a, non aspettare: la persona giusta potrebbe già essere fra i nostri contatti!
Single Bells, mai più senza!




Single Bells, Single Bells, Single all the way...
(da canticchiare sul noto motivetto)

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E adesso, dopo tutte queste stronzate, ecco la canzone che ogni uomo dovrebbe avere l'occasione di dedicare almeno una volta nella vita ad una donna.


LA DONNA CHE AMO

La donna che amo
mi fa cantare

mi fa fare lo scemo
e mi fa pensare

Certo ha molti difetti
dice mia madre

E' tutta pelle e ossa
dice mio padre

Però la verità
che le trovo nel viso

è il mio pane
e il mio vino
è nel suo sorriso

tanto per dire...
E non le servirà
per sapere se è amata

di sfogliare ogni notte
una margherita.


La donna che amo
è una mela stregata
:
non puoi più farne a meno
se l'hai assaggiata

Per lei sono impazziti
tutti gli amici

e si mangian le mani
i miei nemici

Con lei posso parlare
senza pudore

e i miei giochi proibiti
li chiama amore

e non vergogna
La donna che amo
è la mia padrona

è mia madre, il mio cane e la mia puttana.

La donna che amo
mi lega al dito

come un ricciolo suo
quando è spettinato
.
In bocca sua
le cose che non capisco

diventano una bibbia
che porto in tasca.

Io pensavo di averla
e mi ha avuto lei

col mio cane, il mio letto e gli amici miei
povero Gino!
La donna che ami
ti lega al dito

però fino a che punto
l'avrà capito?

sabato 26 settembre 2009

.Azz.

Alla fine l'ho fatto. Ho pubblicato il primo capitolo. 'Ngulo.

martedì 22 settembre 2009

.Yesterday.

Sapere le cose è sempre un bene. Oggi mi sento leggera, liberata. Ieri sera avevo un desiderio e mille domande. Oggi no, oggi sono libera e posso sorridere. La verità nuda e cruda ci libera sempre. E fa bene. La verità fa male solo quando si è incapaci di accettarla. Affrontare le cose di petto, prendere una posizione, è sempre un bene. Fare qualcosa di folle è stato liberatorio. Essere trasparenti, con sé stessi e con gli altri, è sempre giusto.
Quando stavamo insieme, Mauro mi diceva spesso:
- Per me tu sei trasparente, chiara, sorprendentemente limpida, così tanto che spesso mi sembra di poterti guardare attraverso.
Lui me lo diceva sempre dolcemente, con un sorriso: la trovava una cosa bella. Io, invece, l'ho sempre vista come una cosa negativa: quando si è troppo trasparenti, quando le persone possono guardarti prima dentro e poi attraverso, rischi di non essere vista più, rischi che si veda oltre te e che si prendano in considerazione altre mete. Essere trasparenti è rischioso, ma è giusto. È una questione di onestà emotiva, non posso farci niente. Troppo impulsiva, troppo drastica, troppo forte nell'esprimere concetti. Tutto vero. Troppo fragile o incapace per reagire adeguatamente a tutto questo. Vero.
Spesso nella vita mi sono sentita dire che ho precipitato le cose. In realtà, sono le cose che spesso hanno precipitato me. Ma adesso sto bene, sono in pace. E non provo rabbia nè rancore nè dolore. Ho fatto la cosa giusta, ho chiuso il cerchio. E in questo devo dare ragione al mio caro amico Giuseppe: ciò che è giusto è più importante di ciò che è vero.
Non mi piace stare sospesa sul filo, senza rete, in balia di qualcuno che ogni tanto tira la corda per farmi sapere se c'è. Non sono una brava funambola, non sono nemmeno un'abile trapezista e il mio senso dell'equilibrio emotivo è sempre stato piuttosto precario. Chiudere i cerchi è una buona cosa, dopo ci si può anche fare l'hula-hoop per sdrammatizzare un po'.
I circoli viziosi, invece, non fanno davvero per me: dire di aver chiuso e continuare a girarci sopra, ricalcando, ripetendo che sìsì è proprio finito, adesso è proprio chiaro, è solo per essere sicuri, per evidenziare un po' di più. E via così all'infinito, si scorre senza concludere mai, sempre chiusi nella stessa linea, sempre a percorrere lo stesso binario, senza orizzonti, ricchi solo degli strascichi penosi che porta, sbavature fastidiose e taglienti in cui ci si riconosce e ci si specchia ancora e ancora, ritrovandosi ogni volta peggio.
Tra le poche cose vere che mia madre dice da sempre di me, c'è una frase che ripete da vent'anni:
- Valentina, sei uno spirito libero, è impossibile tenerti e gestirti: non ci siamo riusciti io e tuo padre, temo che non ci riuscirà nessuno...
Essere una pedina non fa proprio per me, anche se dicono sia meglio del non aver giocato affatto.
A volte bisogna forzare un po' la mano per uscirne, fare o dire quel qualcosa in più, consapevoli che si andrà incontro al disastro e che si perderà qualche opportunità. La libertà vale sempre la pena. Anche se, a volte, per ottenerla bisogna sacrificare un po' di dignità, di buon senso e di speranza.
Quando ero bambina mia nonna mi diceva sempre:
- Bimba mia, ovunque tu vada, porta sempre l'amore nel cuore e fa la cosa giusta.
Sono comandamenti che ho ben assorbito. Io amo a mio piacimento. Ma amo soprattutto la libertà. La mia, sì, e anche quella degli altri: niente zavorre nè zavorrare.
Fare la cosa giusta non è sempre facile, si sa, ma è sempre un bene. Anche se non sempre fare la cosa giusta porta cose buone, anche questo si sa. Credevo che ne avrei sofferto e invece no, ho sorriso subito. La sconfitta ha tutto un altro sapore quando si sa di aver guadagnato qualcosa di più alto. Nonostante si perda qualcosa o qualcuno di estremamente piacevole. Ma il piacere senza la verità è come un bell'uomo morto.
Ma va bene, va bene così cantava qualcuno...



domenica 20 settembre 2009

.La perla di saggezza 5.

Avere rigore non è come fare goal.