martedì 29 dicembre 2009

.Ecco.

E speriamo che sia un 2010
pieno di ammore per tutti, che ce n'è tanto bisogno.



Superpeace, yeeeeah!

sabato 19 dicembre 2009

.Il medio è la risposta.

Caro Babbeo Natale, io ti odio.
Ti odio seriamente e intensamente e immotivatamente, tanto quanto amo quello stronzo che tu sai. Però fa niente.
Ti pregherei quest'anno di portarmi nulla, come al solito (anche perchè tu più che altro porti male), se non le sue labbra su un piatto d'argento. E non fare come il cacciatore ricchione di Biancaneve, che se è selvaggina io me ne accorgo subbito.
L'inverno sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va?
Stai tranquillo: per l'anno nuovo ho interi gomitoli di buoni propositi. Cardati a mano, mica pizza e fichi. Ieri mi sono fatta prestare due uncinetti e i ferri da maglia, quelli grossi che faccio prima, e ho detto a mia madre:
- Stai serena.
Non ci ha creduto. Ha fatto bene.
- Valentina, lei dovrebbe mettere la testa a posto, ormai ha ventitre anni è ora che inizi a pensare concretamente al futuro senza tutti questi voli pindarici, insomma, con serietà. Costruirsi un futuro, tornare a studiare, farsi una posizione. Smettere di tentare la fuga, in generale.
"Smetti di andare nella direzione opposta e comincia a correre verso ciò che desideri veramente: tu vedi la luce e, come l'ombra, istintivamente t'allontani".
Wrong way. Come su Colin Mcrae, quando giocavo anni e anni fa, ho una scritta rossa lampeggiante di fronte. Jump ahead! Ennesimo salto nel buio.
Studiare, farsi una posizione, un futuro... ah-ah-ah! Tanto la posizione, laureati sì o laureati no, sempre quella è: prona. Prestatemi i vostri vecchi libri del liceo e studierò e avrò una cultura, ma senza pagare privatamente qualche stronzo che me l'insegni. Imparo da me, che è l'unico modo che conosco per imparare quacchecosa su carta.
Caro Babbeo e tutta la mia voglia di partire? Tutta la mia voglia di fuga in Oceania eccetera? C'è ancora. C'è tanto, tantissimo, issimo. Anche se sono cresciuta ascoltando Battisti e mi ripetevo fino alla nausea "di non sognare la Nuovissima Zelanda". Il mio amico là dice che non trovano lavoro e sono un po' alle strette: non mi sparo millemila chilometri per ritrovarmi in una situazione di merda bis. Dice che poi, dopo Natale, con l'anno nuovo, magari si spostano a sud e vedono cosa riescono a fare. Per ora è più prudente che io resti qui, ovviamente. Ok.
Come inganno il tempo nell'attesa? Potrei accettare i ripetuti inviti ad uscire col giardiniere skin, tanto per fare qualcosa? Il numero ce l'ho, non l'ho chiamato nè incoraggiato, ma continua a sorridermi anche con le orecchie. Cosa non si fa per solitudine, per raccattare un po' di contatto umano e non sentirsi totalmente isolati dal resto del mondo? Eppure non lo farò: piegarmi mi fa ribrezzo, è una debolezza peggiore dell'apatia e dell'indolenza, cui ormai sono abituata. Frangar non flectar. Sì, me lo tatuerò.
Cos'altro vuoi, caro Babbeo Natale? Guardo la mia nipotina crescere e mi dico che un giorno vorrò essere la zia numero uno, pur'anche se non siamo parenti. Vorrei che lei mi ammirasse più di ogni altra persona di non famiglia al mondo. Soprattutto, caro Babbeo, vorrei diventare una donna per cui un giorno qualunque, una mattina futura X, guardandomi allo specchio appena sveglia con le caccole negli occhi e l'alito da fogna, proverò rispetto. Una persona soddisfatta. Sono ancora una malinconica con l'aspirazione di diventare una donna felice.
Le persone che conosco sognano l'amore, anzi, l'Amore. Io no, ma mi sa che quello è perchè io amo a prescindere, in maniera stupida e struggente, tipo carta vetrata e miele.
- Io ti amo.
- Ma io no.
- Vabbè, fa niente, io ti amo lo stesso.
- Sì, ma io ti tratto male e non ti caco e non c'è speranza.
- E che differenza fa? Io ti amo per quello che sei, mica per quello che mi dai.
- Ma...
- Sì, lo so: sei ipocrita, stronzo, falso, paraculo e anche faccia di bronzo.
- Eh.
- La parte razionale di me lo sa. Ma la parte di me che ti ama è quella irrazionale, che vuoi fa?
- Sì, ma...
- Eh, niente ma. Io tutte le cose belle che vedevo in te, continuo a vederle perchè quelle ci sono al di là di quello che vivo io, quindi non c'è niente da fare. Io amo quelle cose lì, quelle cose che non dipendono nè da me nè da te, che sei fatto così. Quelle cose lì sono immutabili, e' capì?
- Quindi?
- Quindi ti amo immutabilmente, pure se non ci si caca più e tu si strunz e non mi fido. Però comunque tu mi like.
Cose idiote così. Sono fedelissima hai sentimenti inutili, io.
E cosa dire, allora? Cosa fare? Vabbè: mi informo, che sono ancora in tempo con l'età, sui finanziamenti a fondo perduto e mi apro una gelateria, poi se faccio i soldi a settembre parto e torno a maggio. Oppure apro una caffetteria con annessa libreria e mi sistemo per la vita e non parto più. Oppure apro un negozio di vestiti in società con un'amica e ogni tanto mollo tutto e me ne vado ma poi torno. Oppure mi dedico al ramo delle pompe funebri, che la gente continuerà a morire, come a mangiare e a vestirsi, che poi a me le facce tristi vengono benissimo. O magari mi apro una fattoria: mi compro una mucca, un ciuccio, tre galline, un cavallo e via. O magari potrei finalmente prendere lezioni di pianoforte/violoncello/pittura (che affiniamo la tecnica) e vivere d'arte, ahahah. Potrei diventare, chessò, un'arredatrice di tinelli, una spazzolatrice di canarini, dedicarmi al lavaggio delle pensiline del tram.
Gomitoli, interi gomitoli, come vedi. Voglia di fare ce n'è, il punto è COSA.
- Il problema è che io vorrei fare tutto, per sempre: la vita è troppo breve per essere vissuta.
- Be', magari si può fare tutto, ma non per sempre.
Questa cosa continua a girarmi in testa. La verità è che sono incapace di risolvermi, di scegliere. Come si fa a decidersi, a fare una cosa sola per tutta la vita? Io non ce la faccio, lo trovo annichilente, ho necessità di cambiamento perenne: l'immobilità mi uccide. Capossela dice che di quantità ce n'è da perdere la testa. Ed è vero. All'atto pratico, non ho i mezzi per fare niente, ma se li avessi? Se ne avessi la possibilità, cosa farei davvero? Se domani mi ritrovassi, diciamo, con in tasca 30.000,00 euri in gettoni d'oro, come li investirei? Che ne farei? Come fanno le persone a saper rinunciare?
- Ah, io comprerei la macchina nuova.
- Io li investirei per la casa.
- Io ci andrei in vacanza.
- Io li metto in banca al sicuro.
E allora sarebbe questo? E' questo? La casa, la macchina, le vacanze? Nessuno ha voglia di qualcosa di più?
- Valentì, ci sono cose che non puoi capire, ma questo è normale perchè tu sei così piena di vita che certe cose non le riesci proprio a concepire.
E allora, caro Babbeo Natale, se proprio devi venire a rompermi il cazzo anche quest'anno, fa una cosa buona: portami via un po' di vita. Suicidami un po', affettami un rene, prenditi la milza, uccidimi un polmone, va bene anche una lobotomia, un'epidurale al cervello. Donami la banalità, desideri comuni e avvilenti. Dammi del sesso da matrimonio che non ricorderò e un uomo che mi sorride infedele. Portami la voglia di sconquassarmi di parti l'utero, di inchiodarmi a quattro muri, che pagherò col sangue per il resto dei miei giorni, di prendere sempre la stessa casa in affitto al mare e non cambiare mai la station wagon. Consegnami allo spirito di abnegazione, cancella la mia voglia di fuga di fronte all'infelicità, dammi la certezza di una vita già vissuta e collaudata da migliaia di zombie prima di me, così che io possa illudermi e bearmi di una felicità che non esiste. Portami desideri che non voglio, desideri già espressi e realizzati, desideri senza fantasia nè volontà, desideri abitudinari.
Non voglio niente quest'anno, caro Babbeo Natale, proprio niente, come al solito. Solo un po' di ansia di vivere in meno.


mercoledì 9 dicembre 2009

.Lettera a Qualcuno.

Caro Qualcuno,
gli anni passano e l'unico modo decente che io conosco per comunicare con le persone che amo restano sempre le parole scritte. Verba volant eccetera. Ma soprattutto io a parole parlate mi esprimo male, non solo in maniera sgrammaticata, ma proprio male perchè parlo a ruota libera e senza pensare e non ho il tempo di fermarmi per rileggermi ed eventualmente correggermi. Così quando parlo finisce che non riesco mai a dire tutto quello che penso e che sento o lo dico male o poi alla fine evito di dirlo perchè mi sento ridicola/inadatta/dislessica/idiota. Allora scrivo. In maniera prolissa, devo ammetterlo, ma efficace. Almeno credo.
E' che poi io e te ci si vede dopo secoli e allora ci si chiede com'è che si invecchia a distanza e perchè mi fa spece specchiare le mie rughe nuove nel tuo vecchio cuore e viceversa. E allora mi ricordo di quando eravamo bambini e giocavamo a guardie e ladri e se non capitavamo nella stessa squadra uno dei due si faceva male di proposito, perchè era l'unico modo per saltare il turno e non giocare. Che poi noi volevamo sempre fare i ladri che le divise non ci son mai piaciute. E infatti nemmeno volevamo stare divisi.
E poi non lo so cosa mi prende oggi, ma è un periodo strano. E' uno di quei giorni che mi sveglio e non ho fame e non mangio per tutta la giornata e sento la fiacchezza nelle gambe e vorrei lasciarmi svenire in un angolo, ma con piacere. Uno di quei giorni in cui vorrei bere caffelatte e mangiare pane posso, come quando facevo colazione a casa dei miei nonni da bambina. Oppure saltare dal punto più alto del fienile sull'erba secca e ritrovarmi le spighe che pungono anche nelle mutande. O sentire la legna che scoppietta nella stufa economica. O avere un fazzoletto in testa e le dita viola di succo e di sangue per aver raccolto troppe more nel roveto. O sentire la voce di mio nonno che mi intima di smetterla di saltare sui sassi viscidi del torrente perchè rischio di farmi male. E andare a tuffarci alla cascata in quella che per noi era una piscina e anche una vasca da bagno. E vorrei ancora cercarti per ore anche se so benissimo che ti sei nascosto al pozzo delle volpi. E vorrei ancora arrampicarmi sul melo e sparire per un po' tra le foglie verde smeraldo e il sole che filtra fra i rami fitti. E fare le ombre cinesi sui panni stesi al sole in terrazzo e restare accecati dal sole che si riflette sulle lenzuola bianche. E costruirci delle canne da pesca con i rami secchi e un po' di spago, illudendoci che sia sufficiente una foglia per acchiappare qualche trota. E andare a raccogliere le castagne e le nocciole senza perderci nel bosco, che è casa. E trovare le prime primule e portare tutti quelli che conosciamo a vederle perchè così si sa che è già primavera. E scappare di corsa dalle stalle quando una vacca muggiva troppo forte o un asino scalciava. E nasconderci al lavatoio per vedere la vecchia matta che tira il collo alle galline e poi dire "Ooh, oddio che schifo, che male, che brutta fine!". E annoiarci a morte quando ci toccava sistemare l'orto e strappare le erbacce. E divertirci da matti quando dovevamo trovare le uova. E guardare i conigli nati a primavera e mettere un dito nella gabbia per toccarli e farsi mordere e poi dire che ci siam chiusi le dita nella porta perchè altrimenti ci sgridano. E raccogliere crocus e margherite e papaveri e ranuncoli, ma evitare il tarassaco perchè "è il fiore del diavolo". E farci venire il mal di pancia a furia di succhiare nettare dall'erba cucca. E schiacciare le foglie secche e restare a bocca aperta sotto la pioggia o la neve, però evitare le pozzanghere perchè che schifo. E far saltare i sassi sull'acqua calma del laghetto, che tanto io sono più brava di te. E prendere le lucertole sui muretti di sasso seccati dal sole e se andava male restare a guardare la coda che si contorceva. E se tu hai perso un guanto puoi mettermi una mano in tasca, però aspetta che sposto le caramelle dall'altra parte. E sbucciarci le ginocchia rotolando giù dalla riva erbosa del prato. E dormire sull'amaca, io di qua e tu di là. E tirarci le palle di neve, ma non ghiacciate che quelle fanno male. E fare a gara a chi piscia più lontano, anche se tu hai cinque centimetri di vantaggio perchè hai il pisello e io no, però io piscio in piedi come i maschi lo stesso. E tu che fai a pugni per difendermi da un cretino. E io che tiro le trecce a una cretina che ti prende in giro. E tutti e due che finiamo in castigo dietro la lavagna, ma siamo felici lo stesso perchè siamo insieme. E fare il corridoio in scivolata sulle ginocchia quando nessuno ci vede. E dividerci pane burro e marmellata perchè tanto tu ti dimentichi sempre la merenda da qualche parte. E tu che mi dai mezzo tubo di caramelle morbide alla frutta la volta dopo, per ricambiare. E se tu mi abbracci io un po' mi vergogno però tanto qui nell'erba alta non ci vede nessuno allora possiamo anche starcene qui così per un po'. E poi secondo me quella nuvola lì sembra proprio un coniglio, altro che elefante. E non farmi il solletico altrimenti me la faccio addosso. E se stai fermo le api non ti pungono, ma sti cazzi che mi allontano lo stesso. E correre fino a restare senza fiato e bere l'acqua alla sorgente. E oddiooddio, quello è un cervo vero altro che Bambi, non far rumore.
E poi io che me ne vado, noi che si cresce, tu che mi racconti e io anche. Noi che ci si perde e poi ci si ritrova. Tu che parti e io che resto. Tu che torni e io che sto bene. Tu che riparti e io che sono felice per te. Tu che torni e a me piace. Tu che mi ami e io che no. Tu che riparti e io che non so. Tu che torni e forse adesso parto io, ma da un'altra parte.
Insomma, cose così. Le costanti siamo tu e io, sono solo le circostanze che cambiano, ma tanto quelle cambiano sempre e lo sappiamo. Però io e te siamo costanti, questo è già qualcosa, meglio di niente. Anzi, direi che è molto. Ma lo dico solo io e io voglio cose diverse da quelle che vuoi tu, mica come quando ci litigavamo gli smarties rossi. Per cui ora, per favore, davvero, finiamola. Alla fine di tutti i discorsi fatti, io continuerò a tornare a te e tu a me, solo perchè ci viene naturale. Ed è bello anche così, pure se non ha un senso comune. Perchè alla fine un senso ce l'ha.
Mi sa che ho finito.




martedì 1 dicembre 2009